Pdl. Berlusconi tenta l’Udc ma Bossi frena: “O loro, o noi”
10 Luglio 2010
di redazione
È diventato già l’evento politico-mondano dell’estate, la cena di Bruno Vespa sulla terrazza a Trinità dei Monti con il premier Silvio Berlusconi ed il leader dell’Udc Pier Ferdinando Casini, tra i quali il conduttore di ‘Porta a Porta’ avrebbe voluto favorire l’appeasement.
Intento fallito, stando a ciò che assicura lo stesso leader centrista, negando profferte da parte del premier (ma fonti ben informate confermano una vicepremiership, la Farnesina e diritto di scelta sullo Sviluppo economico). "Non mi è stata formulata alcuna offerta, nè quella sarebbe stata la sede", taglia corto Casini. "Io credo che il dialogo in Italia sia una necessità e non un peccato", aggiunge ad ogni buon conto, ricordando di avere canali aperti non solo con il premier, ma anche con Bersani e D’Alema nell’ottica di costruire "una fase politica nuova".
Mentre un domestico di colore in livrea bianca serviva a tavola il Segretario di Stato Vaticano Tarcisio Bertone, il governatore di Bankitalia Mario Draghi, il presidente di Generali Cesare Geronzi, il sottosegreatario alla Presidenza del Consiglio Gianni Letta e la figlia del premier Marina, Casini avrebbe dunque detto un ‘nò rotondo ad un soccorso dell’Udc alla maggioranza in fibrillazione, continuando a proclamarsi a favore di un governo di unità nazionale (anche a guida Berlusconi) nell’interesse del paese. Smentita invece in modo ruvido dallo stesso padrone di casa la voce, filtrata da ambienti della Presidenza della Camera, di una presenza di Gianfranco Fini nella lista degli invitati. "Il Presidente della Camera Gianfranco Fini non è stato invitato alla cena alla quale hanno partecipato tra gli altri Silvio Berlusconi e Pier Ferdinando Casini", precisa Vespa stesso, parlando di un invito in altra data comunque declinato dall’ex leader di An.
Casini invece è al centro della scena e pieno di consigli per la maggioranza come quello di uscire dalla sua "sindrome di autosufficienza". Un atteggiamento che infastidisce il premier, desideroso di allargare i confini della sua divisa maggioranza, e che impensierisce la Lega. Ma è proprio la Lega ad essere a sua volta la preoccupazione più grande che si registra tra chi, nel Governo, teme che il partito di Bossi possa far mancare nel prossimo futuro il suo appoggio. Da questo timore – oltre che dal considerare Fini ormai irrecuperabile – prenderebbe corpo il corteggiamento all’Udc, che non a caso la Lega oggi stronca senza complimenti. "Se ci siamo noi, non ci possono essere loro" dice lapidario Umberto Bossi. Gli fa eco Roberto Maroni che liquida come una riproposizione della "vecchia politica romana", la cena a casa di Vespa. "Sono manovre di stampo romanesco che mi ricordano l’epoca del ’92 e del ’93, quando tutto si decideva in qualche salotto romano", rincara il ministro dell’Interno per poi mettere in chiaro che "Lega e Udc sono alternative: se qualcuno nell’Udc o anche nel Pdl pensa che il partito di Casini possa entrare nel governo sa bene che noi e l’Udc non possiamo stare insieme".
Il nervosismo del Carroccio è direttamente proporzionale alla volontà di Berlusconi di aprire una nuova fase senza crisi al buio. Ma la Lega è netta. "Noi – sottolinea Maroni – rappresentiamo le riforme, il federalismo, uno Stato più moderno ed efficiente, mentre l’Udc rappresenta il contrario, un sistema che la Lega vuole cambiare. Siamo lieti che Casini oggi abbia detto di essere indisponibile ad entrare nel governo, perchè non ci sarebbe spazio per entrambi". Né c’è spazio per nuovi governi senza Bossi. "Sarebbe – avverte Maroni – un tradimento del voto e degli elettori, non credo che un governo così durerebbe un minuto con la Lega all’opposizione. Ma sono comunque convinto che si tratti di fantapolitica, di scenari lontani mille miglia da quello che pensa Berlusconi, messi in giro da chi vuole danneggiare il premier e il governo".