Pensioni, la Corte dei Conti bacchetta Prodi
27 Giugno 2007
di redazione
Il miglioramento dei conti pubblici italiani è dovuto ad un’impennata della pressione fiscale. La Corte dei Conti non usa mezzi termini per definire quello che il governo chiama risanamento della finanza pubblica.
“I favorevoli risultati conseguiti sul fronte dei saldi di finanza pubblica non consentono, tuttavia, di esprimere un giudizio positivo sulle modalita’ attraverso le quali gli stessi sono stati conseguiti, ha detto Fulvio Balsamo, presidente delle sezioni riunite della Corte dei Conti in sede di controllo, in occasione del giudizio di parificazione sui conti dello Stato del 2006
E sul fronte pensionistico la revisione dei coefficienti pensionistici è fondamentale. La Corte dei Conti mette quindi in mora il governo che proprio in questi giorni sta lavorando alla nuova riforma delle pensioni. “In materia di spesa previdenziale, già un anno fa, la Corte evidenziava come l’eccessiva lunghezza del periodo di transizione verso l’assetto a regime previsto dalla legge Dini non consentisse di contrastare adeguantamente, nel breve periodo, le spinte al rialzo della spesa pensionistica e come, d’altra parte, tutte le proiezioni di lungo termine prefigurassero un pressoche’ continuo aumento della quota di prodotto necessario a far fronte alle future erogazioni (livello massimo intorno al 15,9% nel 2040 con quasi due punti d’incremento rispetto al 2204)”, denuncia Fulvio Balsamo.
Insomma, spiega Balsamo, “si sottolineava, di conseguenza, che sarebbero state auspicabili ulteriori misure finalizzate soprattutto ad attenuare la cosiddetta gobba e precostituire adeguati spazi per futuri interventi di sostegno di altre componenti della spesa sociale, sul cui fronte il nostro Paese rimane significativamente sotto dimensionato (famiglia, ammortizzatori sociali, ecc). In particolare, si osserva che la revisione periodica dei coefficienti è un elemento fondamentale dell’assetto a regime e che, in mancanza si essa, si verificherebbe una maggiore e crescente incidenza della spesa sul Pil”, osserva Balsamo. In proposito, la Corte dei Conti conferma “le perplessità sulla scelta legislativa che ha previsto – in luogo di un semplice meccanismo automatico di adeguamento – un complesso procedimento di revisione dei coefficienti, che implica il coinvolgimento di numerosi soggetti. L’automatismo consentirebbe, tra l’altro, con correzioni più frequenti, di rendere meno sensibili gli effetti delle revisioni”.
Sempre sul fronte delle pesnioni, dopo la rottura di ieri tra Governo e sindacati, l’Esecutivo è al lavoro sulla una eventuale nuova proposta da presentare. Ma “al momento non ci sono convocazioni, non c’è ancora un orario”.
Lo riferisce il portavoce dell’esecutivo, Silvio Sircana, che ha aggiunto: ”Il governo sta valutando ulteriori proposte, al fine di giungere alle conclusioni di un percorso che gia’ si basa su importanti punti di condivisione”.
Intanto, il ministro della Solidarietà sociale Frerrero cerca di smorzare i torni: ”Credo che il confronto vada ripreso, bisogna lavorare a un accordo visto che ci sono i margini per una buona intesa. Serve però la volontà politica”. Per Ferrero ”i margini ci sono perché in un accordo è evidente che le cifre necessarie per abbattere lo scalone non sono quelle che circolano”. ”Le cifre dunque – ha continuato il ministro – sono molto piu’ basse ed è possibile andare verso un abbattimento dello scalone con risorse non impossibili da recuperare”. Ferrero infine ha ricordato che se è vero che l’abbattimento dello scalone comporterebbe maggiori spese nei primi anni, dal 2035 gli oneri della riforma Maroni sarebbero molto superiori a quelli di un sistema pensionistico senza il “salto” del 2008.