Per Pechino ’08 il Partito ha schierato “Bocog”
14 Febbraio 2008
di redazione
Pechino 2008, 181. Il Bocog lavora a un grande obiettivo: organizzare un’edizione dei Giochi
“originale e di alto livello”. Il Bocog lavora perché la ventinovesima
olimpiade moderna passi alla storia come “l’olimpiade del popolo, un’olimpiade
ecologica e altamente tecnologica”. Il Bocog lavora per la realizzazione di un
sogno (da qui il suo slogan, “One World One Dream”). Il Bocog lavora
ventiquattr’ore al giorno sette giorni su sette, lavora a questi ritmi perché
non ha tempo da perdere e per il resto tutto da guadagnare. Il Bocog lavora,
lavora, lavora. E mentre lavora il Bocog comunica, informa, saluta, diffonde,
avverte, precisa, smentisce, osserva, ascolta, legge, corregge. Il Bocog è
sempre attivo e arriva dappertutto, al Bocog non sfugge niente e nessuno. Un
po’ come alla censura che imprigiona il paese, compromettendo libertà
individuali e sociali.
Bocog sta per
Beijing Organizing Committee for the Olympic Games. È la gioiosa macchina da
guerra schierata dal Partito ancora sette anni fa, una volta conquistata la
battaglia per l’assegnazione alla Cina del massimo evento sportivo mondiale. Ed
è qualcosa di più di un semplice comitato organizzatore.
È piuttosto un moloc,
un sistema complesso, un blocco di potere. La sua struttura interna comprende
ormai trenta-dipartimenti-trenta, tutti ordinati secondo funzioni e gerarchia.
Tra i più importanti e potenti c’è certo il dipartimento Media e comunicazioni,
la vecchia propaganda altrimenti detta. O nuovo efficientissimo ufficio stampa
di regime, che dir si voglia. L’iperattività dell’organo ufficiale del Comitato
si misura sia con l’incredibile quantità di notizie prodotte e poi diffuse a
livello internazionale, su fatti d’interesse per lo più socio-economico; sia
con la qualità della sua offerta di servizi, caso per caso messi a disposizione
dell’interlocutore pubblico o dell’utenza professionale e privata, magari
turistica.
La mole d’informazione prodotta è davvero impressionante. Ma non
meno notevole e significativo è il suo stesso taglio giornalistico, e di
conseguenza il suo diretto effetto comunicativo. Tanto per essere chiari: molti
dispacci parlano la lingua oscura della disinformatia, buttano fumo negli
occhi, ripetono all’infinito ritornelli sempre uguali apprezzati come
orecchiabili soltanto dal governo. Alcuni comunicati e varie altre
realizzazioni editoriali rappresentano invece un’altra modalità d’uso del
registro propagandistico, questa volta affettato dalla morbidezza dei toni o
dal formalismo dei termini impiegati (non una parola di più e semmai molte di
meno, si raccomanda tra quelle sgradite: da Tibet a morti sul lavoro e via
omettendo).
Un paio di esempi rendono bene l’idea. L’uscita del membro Cio Richard
K. Gosper (“A suo tempo anche Los Angeles, Seul e Atene hanno saputo risolvere
i loro problemi d’inquinamento dell’aria”) è stata fatta rientrare nella
casistica degli incondizionati, unanimi apprezzamenti internazionali per lo
sforzo intrapreso da Pechino volto a ripulire la sua ‘particolare’ atmosfera.
Particolarmente tenebrosa e nociva, come si sa.
Un accenno ch’è uno agli ultimi
dati disponibili in materia? Zero assoluto, niente di niente. Titolo citato,
preso a prestito dal solito Peopledaily: “Il Cio dissipa ogni inquietudine
sull’inquinamento, i Giochi non corrono alcun pericolo”. Ah beh, allora. Altro
caso strano da manuale, puntualmente riscontrabile sul sito ufficiale della
manifestazione. In quelle pagine on line vi si legge di una Cina fantastica,
meravigliosamente irreale. Quasi fosse il paese delle opportunità e dei
diritti, un’oasi di pace e di moderna prosperità. Insieme la destinazione del
futuro e il presidio del passato, l’uno e l’altro tempo armonizzati senza
rigidità e vincoli. Come in una terra promessa di liberalità diffusa e di
benessere collettivo, vivaddio.
“La popolazione cinese gode della libertà di
fede religiosa. La Cina rispetta totalmente tutte le religioni”, eccetera
eccetera. Sotto sotto scorre il fiume silenzioso dell’attualità più controversa
(Asia News del 6/2: Segnali contrastanti di
Pechino sui diritti umani). Nel mentre il solito Bocog ci lavora sopra, e o la
insabbia o ne ignora il fluire. E il Partito approva.