Pirateria. Sequestrato rimorchiatore nel Golfo di Aden, a bordo 10 italiani

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Pirateria. Sequestrato rimorchiatore nel Golfo di Aden, a bordo 10 italiani

11 Aprile 2009

Una rimorchiatore di proprietà statunitense e battente bandiera italiana, ma gestito da una compagnia degli Emirati Arabi Uniti, è stato sequestrato dai pirati nel Golfo di Aden. Lo hanno reso noto autorità marittime regionali, precisando che a bordo vi sono 16 uomini, che non sono in possesso di armi e starebbero bene. Anche la Farnesina ha confermato la notizia.

Tra i 16 membri dell’equipaggio della nave sequestrata dai pirati, chiamata Buccaneer, ci sono 10 cittadini italiani. Secondo fonti dell’operation yard di Ortona (Chieti), cioé la base operativa della Micoperi, i dieci marinai italiani che sono a bordo della nave sequestrata dai pirati sono di Torre del Greco (Napoli), Ortona, Bari, Latina, Trapani e Teramo. Il comandante della nave battente bandiera italiana è invece abruzzese: Mario Iarlori, di 51 anni, è originario di Ortona (Chieti). Oltre ai dieci italiani, ci sono cinque rumeni e un croato.

Secondo il tenente Sergio Carvalho, a bordo della nave portoghese Nrb Corte-Real che si trovava nelle vicinanze del Buccaneer quando è stato assaltato, ha riferito che il rimorchiatore ha lanciato un Sos prima che le comunicazioni fossero interrotte sei minuti dopo. Secondo la fonte, la nave militare si trovava troppo distante dal rimorchiatore per prestare aiuto. A quanto pare, i membri dell’equipaggio erano tutti disarmati.

Il "Buccaneer", 75 metri di lunghezza, che stava rimorchiando due chiatte vuote al momento dell’attacco, era salpato da Singapore ed era diretto a Suez, in Egitto. Il rimorchiatore stava effettuando trasporti per conto di una compagnia degli Emirati Arabi Uniti.

La nave attaccata dai pirati nel Golfo di Aden è di proprietà della Micoperi di Ravenna. Il titolare della società, Claudio Bartolotti, ha confermato che si tratta di un rimorchiatore che era diretto da Singapore a Suez. Non ha voluto fornire altri particolari sulla destinazione della nave, aggiungendo che a bordo ci sono italiani, ma anche marinai di altre nazionalità.

La Micoperi è stata costituita nel 1946 come società di salvataggio per liberare le linee di trasporto marittimo da navi affondate durante il secondo conflitto mondiale. Attualmente opera nella costruzione, trasporto e installazione di impianti off-shore, nella posa di linee per gas e petrolio, nell’installazione di terminali marini e nella costruzione di porti, moli e frangiflutti. Le principali aree geografiche di intervento sono il Mediterraneo, il Sud est asiatico e l’Africa occidentale, in particolare la Nigeria.

"È possibile che l’equipaggio si sia trovato a bordo i pirati senza nemmeno rendersene conto. L’attenzione nella zona era massima, ma è strano che non sia stato pigiato il pulsante che viene utilizzato in caso di attacco". Lo ha riferito Silvio Bartolotti, general manager della Micoperi Marine Contractors, rispondendo nuovamente questa sera ai giornalisti. Bartolotti ha detto che pochi minuti prima della comunicazione delle 12.05 c’era stato un contatto telefonico tra l’azienda e il personale del rimorchiatore, "ed era tutto tranquillo. Poi la mail dove si diceva: ‘Siamo sotto l’attacco dei pirati’. Abbiamo mandato a nostra volta un’altra mail, ma non abbiamo ancora avuto risposta".

L’equipaggio della nave – ha aggiunto – "è composto da persone di fiducia dell’azienda, marinai esperti. Per me è come se sulla ‘Buccaneer’ ci fossero sedici figli miei. Sto raccogliendo informazioni, e se sarà necessario prenderò un aereo e partirò immediatamente". Bartolotti ha precisato che a bordo della nave non ci sono armi, e che i pirati hanno forse scelto un rimorchiatore come obiettivo dell’attacco "perché è un mezzo navale abbastanza basso".

Il ministero degli Esteri tramite l’Unità di crisi, in contatto con le altre istituzioni competenti, segue da vicino la vicenda relativa al sequestro del rimorchiatore d’altura nel Golfo di Aden. Secondo quanto si legge in una nota della Farnesina, sono in atto meccanismi di coordinamento a livello nazionale e si stanno valutando possibili forme di raccordo a livello internazionale per la gestione della vicenda.

L’Unità di Crisi, attraverso un rappresentante dell’armatore dell’imbarcazione italiana, è in contatto con i familiari dei membri dell’equipaggio. La Farnesina, conclude la nota, manterrà sulla vicenda il massimo riserbo, auspicando che ciò venga compreso dai mezzi di informazione, per facilitare la soluzione della vicenda con la liberazione dell’equipaggio dell’imbarcazione.