Pisanu e Maroni, il buono e il cattivo
03 Febbraio 2009
di redazione
E’ piuttosto deprimente che davanti alle sfide imposte dal binomio immigrazione-sicurezza, una di quelle centrali dei nostri tempi, l’analisi a cui giungono governo e maggioranza si riduca all’alterantiva tra l’essere buoni e l’essere cattivi.
I giornali di questi giorni sono infiammati da episodi di genere diverso e di diversa gravità, tutti però accomunati da uno stesso livello di allarme e dall’approssimativa catalogazione sotto la voce "immigrati". Si parli dell’indiano bruciato a Nettuno, degli stupratori di Guidonia, degli sbarchi a Lampedusa o della badante di Treviso, tutto sembra mescolarsi in un caos indistinto di dichiarazioni a effetto, ricette-slogan e ricerca di facile visibilità politica.
Sullo sfondo abbiamo la maggioranza e il governo che sembrano dividersi sull’approccio moralegginate: i buoni stanno con Pisanu e i cattivi con Maroni. Un fenomeno epocale, che sempre di più sconvolgerà gli equilibri politici dei paesi occidentali e metterà a repentaglio le basi della convivenza civile, richiederebbe una analisi un po’ più strutturata e un po’ più politica. Invece siamo fermi alle "osterie padane" evocate da Pisanu o alla polemica con i "buonisti di turno" di Maroni.
Il centrodestra avrebbe in realtà una grandissima occasione per affrontare il tema dell’immigrazione e quello connesso della sicurezza, uscendo dalla gestione di una continua emergenza e dalla fase degli slogan tipo "tolleranza zero". Potrebbe farlo in virtù di una vasta esperienza pragmatica maturata sul campo, di una maggioranza ancora abbastanza solida e di una prospettiva di governo lunga.
Non è questione di buoni o cattivi ma di sapere ciò che si vuole, quale modello si intende adottare, come gestire la clandestinità da un lato e l’integrazione dall’altro, come garantire la sicurezza di cittadini senza suscitare campagne di odio generalizzate.
Per farlo non servono nè le osterie padane nè le sacrestie, basterebbe il Parlamento