Politica e professionalità non sempre vanno di pari passo

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Politica e professionalità non sempre vanno di pari passo

27 Novembre 2011

La concezione tradizionale della politica risalente alla dottrina tedesca è fondata sull’opposizione permanente tra “amico” e “nemico” in politica in piena autonomia rispetto alla morale, all’estetica e all’economia. Questa concezione va rimossa proprio perché la politica governa i rapporti tra governanti e governati e non può più essere autoreferenziale non potendo la mediazione politica prescindere dall’etica e dall’economia e dalla scienza. Non è possibile legittimare tutto sulla base della “decisione” politica perché i costi di una decisione politica fondata solo sull’opposizione permanente tra “amico” e “nemico” sono enormi per l’umanità e per i governati. E’ possibile costruire una concezione della politica che tenga conto dell’esperienza più recente di tutte le democrazie occidentali?

Nella contrapposizione tra una concezione formalistica della politica autoreferenziale che legittima se stessa, come spazio autonomo rispetto all’etica e all’economia e una concezione contenutistica della politica che introduce dall’esterno elementi tratti dall’etica e dall’economia, una serena e equilibrata valutazione del problema della definizione della politica consente di enunciare due idee fondamentali.

La prima è che la definizione della politica in democrazia non può prescindere dal sentire comune della gente che ogni giorno vive in un determinato territorio anche perché, come amava dire Norberto Bobbio, il sistema democratico si caratterizza per la più ampia partecipazione dei cittadini alle decisione politiche.

La seconda idea è che la politica può assumere diversi contenuti, ma esiste una regola fondamentale oltre la quale non esistono più amici o nemici, partiti amici e partiti nemici. E questa idea fondamentale è che “amici” e “nemici” devono pur sempre rispettare le regole del gioco politico, perché oltre le regole del gioco politico non esiste la vittoria di una parte sull’altra, ma la fine della politica. E ciò è necessario perché la politica comporta di per sé il comando di alcuni uomini su altri e, quindi, come dominio dell’uomo sull’uomo, la politica ha un inconveniente intrinseco, rappresentato dal fatto che, per effetto della decisione politica, ogni singolo individuo vede limitata la propria libertà di azione. L’accezione oggettiva della politica, perciò, impone il rispetto delle regole del gioco. Non appena si trasgrediscono le regole di un gioco, crolla la politica. E’ stato osservato, infatti, dai filosofi della politica (Gentile) che quando le regole del gioco saltano viene meno la politica, perché per la natura convenzionale delle regole del gioco politico la necessità del rispetto delle regole non si riferisce a questa o a quella regola particolare, ma alla regolarità del comportamento in qualsiasi gioco.

La conclusione che è possibile trarre da questa concezione della politica come giusta misura nel governo della comunità, sembra riecheggiare un antico precetto morale secondo il quale vi è una misura in tutte le cose, perché vi sono dei confini al di là e al di là dei quali non è possibile andare: “Sunt certi denique fines, quos ultra citraque nequit consistere rectum” (Orazio). Il corretto rapporto tra tecnica e politica, tra etica e pratica risiede, proprio, nel fatto che nell’ambito delle regole del gioco occorre riservare uno spazio alla intelligenza della giusta misura, che è pur sempre politica e costituisce, anzi, la condizione per il formarsi di ogni società particolare e fattore di equilibrio in vista del bene comune.

*Prof. Avv. Associato di Istituzioni di Diritto Pubblico dell’Università degli Studi  del Molise