L'Istituto
per la memoria nazionale polacco (Ipn) ha formalmente accusato di "crimine
comunista" il generale Wojciech Jaruzelski per aver decretato la legge
marziale nel 1981 al tempo di Solidarnosc.
Continua
così la resa dei conti della Polonia con il comunismo. L'Ipn, che studia e indaga sugli archivi di Stato in
riferimento al periodo della dittatura comunista in Polonia, ha avviato
procedimenti di "Lustracja" (verifica anti comunista) contro
l'ex-arcivescovo di Varsavia, Stanislaw Wielgus, e l'attuale ministro delle
Finanze, Zyta Gilowska, accusati di aver collaborato con i servizi segreti
comunisti.
Oltre
a Jaruzelski, sono state depositate accuse contro altre otto persone, fra cui il
generale Czeslaw Kiszczak e il segretario dell'allora Partito comunista polacco,
Stanislaw Kania.
“L'atto d'accusa è rivolto contro gli iniziatori e gli esecutori materiali della legge marziale del 1981", ha spiegato Andrzej Drogon, direttore del dipartimento per i crimini contro la nazione polacca dell'IPN di Katowice.
Il 13 dicembre del 1981, su spinta di Mosca, preoccupata per la crescente opposizione interna al regime comunista polacco, Jaruzelski proclamò l'instaurazione dello stato di guerra e divenne il capo del Consiglio Militare di Salute Nazionale. In virtù delle leggi militari, vennero sciolti o sospesero la loro attività tutte le organizzazioni politiche tranne, ovviamente, il Partito Operaio Unificato Polacco (Poup).
"Siamo consapevoli del peso delle nostre accuse - ha continuato Drogon - spero che si possa giungere ad una svolta per fare giustizia in una questione così importante del nostro passato". Il generale Jaruzelski, 84 anni, rischia una condanna a 10 anni di reclusione. Gli altri imputati invece pene dagli 8 ai 3 anni.