Referendum: 10 “distruzioni per l’uso” al giorno (lunedì 28 novembre)

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Referendum: 10 “distruzioni per l’uso” al giorno (lunedì 28 novembre)

28 Novembre 2016

Nuova puntata della nostra rubrica per dire NO al referendum e al pasticcio costituzionale Renzi-Boschi-Alfano-Verdini.

1) Morire di bufale. “Il Sì ci salva dai governi tecnici” dice Matteo Renzi alla Repubblica. Il figliolino assolutamente conseguente del filotto “tecnico” Monti-Letta-Renzi cioè di governi privi della pur rozza indicazione diretta del premier instaurata dalla Seconda Repubblica e con maggioranze politiche scarsamente legittimate dal voto popolare, si ribella alle sue origini. Così come adesso si scopre combattivamente eurocritico, scordandosi di essere anche lui frutto dei sorrisini dei Sarkozy e delle Merkel. Compassionevolmente gli consiglierei solo, in queste condizioni, di non insistere con l’agitazione antibufale (con kit annessi). E’ la via sicura per prepararsi una uscita di scena alla Yukio Mishima.

2) Sopra the bank il Yes campa. “Troubled italian banks face fresh risk of failing if Renzi loses vote” così un titolo del Financial Times. Obiettivamente non si capisce perché se se ne va chi ha gestito così malamente la crisi bancaria (ed è intrecciato strutturalmente ai mefitici pasticci del sistema toscano, da Banca Etruria a Monte dei Paschi) l’Italia dovrebbe correre più rischi di quelli che ha oggi. Poi però il quotidiano della City si riscatta con un magistrale articolo di una delle sue firme più brillanti, Wolfgang Münchau, che spiega come le élite occidentali soffrano di una sindrome da Maria Antonietta e che la proposta di Renzi fosse quella di una “electoral law that came into force in July” che dava a “the strongest party quasi-dictatorial powers”. Un’analisi quasi alla Zagrebelsky o alla Brunetta.

3) Renzi e i giovani. “Allarme bullismo” così un titolo della Repubblica sulla situazione delle scuole italiane. E poi dicono che il renzismo non attacca tra i giovani.

4) Verso un suicidio di massa di riflessivi. “Votare Sì per dare un dispiacere al sussiego dei ceti riflessivi “ così un titolo del Foglio. Ahi! Qui siamo all’induzione al suicidio.  Michele Santoro, Isabella Ferrari, Roberto Benigni, Luciana Littizzetto, Fabio Fazio, Paolo Sorrentino, Stefano Accorsi, Carla Fracci. Michele Serra, Massimo Cacciari, Roberto Saviano, Eugenio Scalfari e tanti altri sarebbero tutti dei Flavio Briatore, dei Gianluca Vacchi  qualsiasi solo perché votano Sì, avrebbero perso così la patente da intellettuali riflessivi, tutte le ragioni del loro sussiego? 

5) La lezione di Vienna sul voto all’estero. “La minaccia preventiva di non riconoscere il risultato delle urne” scrive Marzio Breda sul Corriere della Sera. Un corazziere del presidente non può che fare il suo dovere e segnalare le paure del Quirinale. Un comune osservatore politico non può che ricordare come nella vicina Austria, per pasticci fatti sui voti “esteri” per il presidente della Repubblica, è stata annullata un’elezione e verrà rifatta il 4 dicembre. Chi vuole difendere la sacralità dei risultati delle urne, dovrebbe stare assai attento a certi imbroglioni che ne stanno combinando di tutti i colori almeno quanto sta attento a chi di questi imbroglioni è preoccupato.

6) Meglio leader del centrodestra che leader del Milan. “L’unico leader del centrodestra sono io” così il Corriere della Sera raccoglie una dichiarazione di Silvio Berlusconi: Berlusconi mi è simpatico però mi pare che oggi possa svolgere essenzialmente un ruolo da patriarca più che da protagonista. Così penso quando ragiono di politica, Quando invece mi faccio prendere dal mio insensato tifo per il Milan mi dico: chissà che se si ributta in politica, non la smette di rompere le scatole a Montella? 

7)  Sobrietà (prima puntata). “E’ vero che quel referendum fu vinto da Nigel Farage leader del partito indipendentista e promotore della Brexit. I favorevoli al ritorno a casa della sovranità nazionale ottennero infatti il 51,9 per cento dei voti (corrispondete  a 17.610742 votanti mentre i contrari furono 16.141.241), tuttavia il  62 per cento degli scozzesi, il 55,7 per cento degli irlandesi del Nord e il 60 per cento dei londinesi votarono invece per mantenere il Paese aperto all’Europa” scrive Sergio Fabbrini sul Sole 24 ore. Non se è perché frequentano troppo  Juncker a Bruxelles ma certe eccellenti firme che si occupano di Europa, mi paiono leggermente ebbre. Non capisco lo scandalo del fatto che il voto dei gallesi e degli inglesi (pur senza Londra) non debba valere come quello di chi di altre regioni ha votato per il Remain. Ma in America succede così, dicono: forse vorrà la pena di informarsi su che cosa è una Repubblica federale, formata da un patto tra Stati, e un Regno che programmaticamente si chiama “unito”.

8) Sobrietà (seconda puntata). “Che l’Italia debba continuare un processo di riforme è una cosa ovvia, e che Renzi aggredisca elementi dell’architettura istituzionale mi sembra una cosa buona” così Huffington post-Italia  registra una dichiarazione di Jean-Claude Juncker. Il vecchio lussemburghese, finissima testa politica come si è visto dopo l’elezione di Donald Trump, è fatto così: alterna sempre un pro Sì a un prosit.

9) Sobrietà (terza puntata). “Fillon è un Putin più sobrio e consapevole” dice Raphael Glucksmann alla Repubblica. Esatto, come la Merkel  lo è rispetto a Juncker. Anche se in questo secondo caso è più facile.

10 ) Sobrietà (quarta puntata). “L’Italia non è mai stata perfettamente sobria” scrive Eugenio Scalfari sulla Repubblica. Un po’ come il Lussemburgo?