
Rigassificatori: i NIMBY vanno convinti dati alla mano

22 Giugno 2022
Affrancarsi dal gas russo è dirimente, su questo quasi tutti sono d’accordo. Realisticamente è impensabile coprire il totale del fabbisogno energetico con le rinnovabili, quindi il GNL – gas naturale liquefatto – è diventata un’opzione da tenere in considerazione. Gli Stati Uniti già da marzo stanno cercando di rifornirne diversi paesi europei, Italia inclusa. Per sfruttare questo tipo di gas, tuttavia, è necessario costruire i rigassificatori. Ma nell’Italia del no, dove i NIMBY hanno un peso pubblico sempre maggiore, costruire infrastrutture non è facile.
Quante volte siamo stati ostaggio dell’ossessione “not in my back yard”? Troppe. Dallo stadio di Milano alla TAV, dalla Tap al nucleare. Potremmo fare decine di esempi in cui si è persa un’opportunità di sviluppo a causa di questo genere di istanze. In ogni caso, dovremmo avere imparato una cosa: l’attacco frontale funziona raramente. I manifestanti, spesso convinti da tesi antiscientifiche e mossi da paure irrazionali, si mettono sempre più sulla difensiva e gli ostacoli alle infrastrutture crescono.
Affrontare i NIMBY in modo diverso
Dovremmo iniziare a considerare l’approccio dialogico, forse addirittura socratico, per relazionarci con costoro. Perché l’Italia, tanto per dirne una, non può permettersi di non realizzare il rigassificatore di Piombino. Può essere l’occasione per riscoprire una dimensione positiva del dibattito pubblico, ormai ridotto a bagarre televisive e social, ma anche per ridare dignità a due elementi di cui abbiamo incommensurabile bisogno: scienza e comunità.
La prima è centrale, perché spesso è il suo travisamento che impaurisce inutilmente le persone. La seconda, invece, è da valorizzare perché queste istanze, spesso, sono di natura localistica e territoriale. Inoltre, si potrebbe combattere la meno conosciuta sindrome Nimto (Not in my terms of office). Si eviterebbe così che le amministrazioni locali non riscontrino incentivi nel sostenere la realizzazione di un’opera osteggiata da comitati e attivisti locali. In Francia e in Regno Unito sono presenti delle best practices che vale la pena conoscere e, magari, mutuare.
Il modello francese per combattere la sindrome NIMBY
Già nel 1995 il governo francese istituì i débat publique, grazie alla “legge Barnier” sull’ambiente. Dal 2016 questo istituto è stato rafforzato, i cittadini hanno ancora più voce in capitolo. Abituati a quanto accade in Italia, potremmo pensare che questo sia un fatto negativo, ma non è necessariamente così…quantomeno nell’esperienza francese. L’obiettivo di questa legge è stimolare la partecipazione pubblica per discutere gli obiettivi e le caratteristiche principali dei progetti, in un momento in cui è ancora possibile riconsiderarli e modificarli sostanzialmente.
Come funzionano i débat publique
I grandi progetti infrastrutturali sono oggetto di un dibattito pubblico con quattro mesi di anticipo, garantendo il principio della partecipazione pubblica nei progetti di interesse nazionale. Il debat public si svolge dopo aver scelto il isto di realizzazione dell’infrastruttura, ma prima del rilascio di qualsiasi autorizzazione amministrativa. In questa occasione si presentano e discutono pubblicamente i progetti, alla fine del dibattito una commissione specifica presenta un resoconto. Le decisioni definitive, quindi, sono anche il frutto delle richieste dei cittadini che hanno partecipato a questo momento di democrazia.
I risultati dei débat publique
Nel 2020, infatti, in occasione dei 25 anni del progetto, la Francia ha messo a disposizione alcuni numeri. La partecipazione ha avuto un impatto sistematico sui progetti, ma solo tre progetti non hanno visto la luce dopo il dibattito pubblico. Il 58% è stato modificato nel design e nelle caratteristiche principali. Tutti gli altri progetti, invece, sono stati oggetto di revisione per quanto riguarda le procedure di governance. La Commissione nazionale del dibattito pubblico, inoltre, ha stabilito i principi cardine dei débat publique: indipendenza, neutralità, trasparenza, argomentazione, parità di trattamento e inclusione.
La strategia del Regno Unito: Planning Act e White Paper
Anche il Regno Unito, così come la Francia e l’Italia, deve affrontare il fenomeno NIMBY. Pur nella consapevolezza che lacci e lacciuoli a cui si possono attaccare questo tipo di attivisti nel paese anglosassone sono meno che nell’Europa continentale, i governi non hanno preso sottogamba questo problema. Il Planning Act, approvato nel 2008 per riformare il sistema consultivo, aveva lo scopo di facilitare la messa a terra delle infrastrutture. Da quattordici anni, infatti, quel processo è diviso in due parti: elaborazione di una strategia e raccolta consenso nazionale sulle infrastrutture.
La consultazione popolare è molte volte anticipata da un White Paper. Si tratta di un documento che illustra le motivazioni politiche e gli obiettivi della scelta che il governo ha intenzione di propugnare in seguito sottoposto a consultazione pubblica al fine di registrare l’opinione dei cittadini. La ratio è chiara: è una modalità per coinvolgere coloro che sono interessati a un’infrastruttura nel processo decisionale alfine di giungere ad una strategia che contempli sensibilità diverse.