Roma. Omicidio metro, rigettato il ricorso di Doina Matei: 16 anni di carcere
26 Gennaio 2010
di redazione
È ormai definitiva la condanna a 16 anni di reclusione per Doina Matei, la prostituta romena di 23 anni che nella metropolitana di Roma, il 26 aprile 2007, uccise con un colpo di ombrello la giovane Vanessa Russo. Lo ha deciso la Cassazione che ha rigettato il ricorso dell’omicida.
Stamani, nella sua requisitoria, il sostituto procuratore generale Giuseppe Galati aveva chiesto ai giudici della Quinta sezione penale di dichiarare inammissibile il ricorso dell’imputata romena e di confermare la sentenza emessa il 25 novembre 2008 dalla Corte d’Assise d’appello di Roma.
Secondo il Pg, la sentenza di secondo grado – che aveva qualificato il delitto come omicidio preterintenzionale, aggravato dai futili motivi – "era corretta sia per quanto riguarda il ‘no’ alla concessione delle attenuanti per la provocazione, sia per le modalità brutali dell’aggressione; corretto anche il riferimento all’aggravante dei futili motivi per i quali è stato compiuto il gesto omicida".
Il delitto, infatti, suscitò profondo allarme per la sua efferatezza (la punta dell’ombrello entrò nell’occhio e sfondò il cranio della vittima) e per il fatto che Doina Matei e Vanessa Russo nemmeno si conoscevano. Il colpo mortale fu sferrato in risposta ad un banale alterco tra le due donne.
Lo scorso 14 luglio il caso era già arrivato in Cassazione, ma ci fu un disguido per la mancata notifica al difensore dell’imputata. La romena aveva revocato l’avvocato Nino Marazzita, sostituendolo con Carlo Piccolomini, difensore della prima ora. Quest’ultimo, però, non era abilitato alla difesa in Cassazione e non si era provveduto a nominare un avvocato d’ufficio. Oggi però Marazzita aveva nuovamente assunto la difesa della Matei. Nella sua arringa, aveva chiesto uno sconto di pena, citando anche l’omelia del Papa, che domenica scorsa ha chiesto di non dimenticare gli ‘ultimi’. Ma i familiari della vittima, tramite i loro difensori, si sono opposti alla richiesta e i Supremi giudici non hanno concesso sconti alla pena.