Sakineh. Secondo Comitato contro la lapidazione non sarebbe stata uccisa

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Sakineh. Secondo Comitato contro la lapidazione non sarebbe stata uccisa

03 Novembre 2010

Sakineh Mohammadi Ashtiani, la donna condannata a morte per adulterio in Iran, non è stata giustiziata come preannunciato ieri da molti media. Lo riferisce Mina Ahadi, portavoce del Comitato internazionale contro la lapidazione. "Secondo nostre informazioni – ha dichiarato Ahadi, raggiunta telefonicamente – Sakineh non è stata giustiziata. Le esecuzioni in Iran, in effetti,a vvengono sempre all’alba, e questa mattina alle 7 e 30 la donna non era stata giustiziata. Dunque per oggi sicuramente non ci sarà alcuna esecuzione di Sakineh Mohammadi Ashtiani".

Tuttavia, avverte Ahadi, il pericolo resta. "Non si può certo dire che la minaccia sia ormai finita. Al contrario. Il fatto è che ieri c’erano state forti pressioni di vari governi e dei media – prosegue – forse anche per questo il regime iraniano ha deciso di rinviare l’esecuzione. Ma proprio per questo sarà necessario che governi e media non abbassino la guardia".

Ahadi ha aggiunto che restano nel carcere di Tabris il figlio di Sakineh, Sajjad Ghaderzadeh, e l’avvocato Houtan Kian. Secondo la portavoce del Comitato contro la lapidazione, "sono stati percossi e sottoposti ad abusi e umiliazioni".

Il loro destino, prosegue, "dipende dalla Corte suprema a Teheran, non è il tribunale di Tabris che può decidere". Restano in carcere anche i due giornalisti tedeschi arrestati mentre stavano intervistando Sajjad. "Secondo nostre informazioni – ha detto ancora Ahadi – sono anche loro a Tabris, ma altri riferiscono che sarebbero a Teheran. Le autorità iraniane hanno promesso al governo tedesco di sbrigare rapidamente la pratica, ma per ora non c’è stata ancora nessuna decisione".

Il caso di Sakineh Mohammadi-Ashtiani è usato dall’Occidente come "strumento per fare pressioni" politiche sull’Iran ha detto invece il portavoce del ministero degli Esteri di Teheran, Ramin Mehman-Parast, citato dall’agenzia Isna. Mehman-Parast ha detto che i Paesi occidentali "hanno trasformato il caso di Sakineh Mohammadi-Ashtiani, che ha commesso dei crimini ed è stata infedele, in una questione di diritti umani". Il portavoce iraniano ha aggiunto che "il caso è stato trasformato con insolenza in un simbolo della libertà delle donne nei Paesi occidentali".

"Ne chiedono la liberazione – ha detto ancora Mehman-Parast – e cercano di utilizzare un semplice caso come leva di pressione contro la nazione iraniana".