Scuola. Nuova provocazione della Lega: un test di dialetto per i prof.
28 Luglio 2009
di redazione
La Lega lancia la sua provocazione quotidiana e continua ad alzare il livello della tensione nella maggioranza. Stavolta è la scuola l’obiettivo dei leghisti e la miniriforma messa a punto da Valentina Aprea, deputato del Pdl, giunta in commissione Cultura alla Camera. Il partito del Nord chiede che tra gli emendamenti al testo venga inserito test di dialetto per i professori.
I sostanza, il testo, approdato oggi al Comitato ristretto, prevede, tra l’altro, che i docenti dovranno superare una sorta di quiz dal quale emerga la loro conoscenza della storia, delle tradizioni e del dialetto della regione in cui vogliono insegnare. Stop dunque alla selezione basata sui titoli di studio e via libera alle competenze territoriali.
«Noi avevamo presentato una proposta di legge di riforma della scuola. Ma questa non è stata condivisa da tutta la maggioranza. Così – racconta ancora la parlamentare leghista – abbiamo chiesto che ne venisse recepita almeno una parte nel testo unificato che ora era all’esame della Commissione Cultura. Abbiamo rinunciato a tutto, tranne che ad un punto sul quale insisteremo fino alla fine: ci dovrà essere un albo regionale al quale potranno iscriversi tutti i professori che vogliono. Ma prima dovrà essere fatta una pre-selezione che attesti la tutela e la valorizzazione del territorio da parte dell’insegnante». La Lega, cioè, vuole inserire un test, per i professori, che attesti, per dirla con le parole di Paola Goisis, «il loro livello di conoscenza della storia, della cultura, delle tradizioni e della lingua della regione in cui vogliono andare ad insegnare». I titoli di studio, quindi, passeranno decisamente in secondo piano. «Non garantiscono un’omogeneità di fondo – osserva il deputato del Carroccio – e spesso risultano comprati. Pertanto non costituiscono una garanzia sull’adeguatezza dell’insegnante. Questa nostra proposta che, ripeto, è l’unico punto che noi chiediamo venga inserito nella riforma, punta ad ottenere una sostanziale uguaglianza tra i professori del Nord e quelli del Sud. Non è possibile, infatti, che la maggior parte dei professori che insegna al Nord sia meridionale». Spero davvero che il testo non venga calendarizzato prima di un chiarimento all’interno della maggioranza – dice – Non può essere scavalcata così la volontà del secondo grande partito della maggioranza».
Valentina Aprea (Pdl), proprio per evitare una discussione che spaccasse ulteriormente Lega e Pdl sul punto ha sconvocato il comitato ristretto in attesa di decisioni che, secondo lei, dovrebbe prendere la conferenza dei capigruppo di Montecitorio. Fabrizio Cicchitto, capogruppo del Pdl alla Camera, da parte sua ha chiarito: «Non esistono ragioni di divisioni sui problemi della scuola fra il Pdl e la Lega. Prioritari per noi sono i progetti di riforma portati avanti dal ministro Gelmini sulla riforma dell’Università e quella sui Licei».
Immediate le reazioni del mondo politico. Il Pd è sul piede di guerra. Dice in una nota il capogruppo dei Democrat in commissione Cultura, Manuela Ghizzoni: «La proposta di inserire un test per i professori dal quale emerga la loro conoscenza della storia, delle tradizioni e del dialetto della regione in cui intendono insegnare è l’ennesimo tentativo di inserire nel nostro ordinamento norme incostituzionali che discriminano sulla base del territorio di provenienza. L’istruzione -avverte Ghizzoni – è un tema troppo serio e non può divenire oggetto di pericolose incursioni ideologiche dal sapore tutto ‘nordistà».