“Senza gli Usa, nessuna opzione militare è possibile in Libia”

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“Senza gli Usa, nessuna opzione militare è possibile in Libia”

25 Febbraio 2011

Sui giornali ‘impazzano’ analisi di possibili interventi militari in Libia da parte Nato o da micro-coalizioni di paesi euro-mediterranei Italia e Francia, con o senza Usa. E’ possibile intervenire secondo lei? E se sì, come?

Io sinora ho sentito parlare solo di interventi umanitari che, senza voler essere leziosi, differiscono sensibilmente da quelli militari. Quelli umanitari hanno determinate caratteristiche, la principale delle quali è che le parti in causa accettino la presenza di una forza straniera, internazionale o meno. Sarebbe insomma un intervento da capitolo VII della Carta delle Nazioni Unite. Una roba che prenderebbe almeno due o tre mesi. Scordiamocelo. Quelle che vanno in onda sono costruzioni di scenari – peraltro poco credibili per assunti e numeri – di natura del tutto militare. Il problema è che la politica nazionale italiana di questi ‘giorni di Libia’, e in genere europea, parla solo di quelle che in gergo vengono definite NEO (No Combatant Evacuation Operation, ndr.), ovvero il recupero di evacuazione dei civili dal territorio libico.

Nessuna opzione militare possibile per la Libia?

Non dico questo. Dico invece che se si vuol andare su territorio libico con un’operazione militare bisogna essere coscienti che il costo dell’operazione è alto e dall’esito incerto. E soprattutto certe operazioni si dovrebbero fare, come dicono in inglese, “on the spot”, subito. Questo è il problema attuale della comunità internazionale la quale non riesce a intervenire con la dovuta prontezza. Non c’è nessuno che decide di andare e mandare le truppe in 48 ore. Il caso Libia, come il caso Rwanda (e la lista potrebbe essere lunga), risentono proprio dello stesso problema. Gli Stati non sono riusciti a essere pronti quando si è trattatodi evacuare i propri connazionali, figuriamoci se riescono a esserlo per un intervento militare. Ogni giorno che passa, la situazione peggiora e le finestre d’opportunità si chiudono.

Ma in Libia non si tratterebbe di un intervento umanitario, ma di ingerenza umanitaria. Di guerra insomma. Non è così?

Facciamo i cinici per un momento. Intanto bisognerebbe essere d’accordo già nell’andare in Libia, e mi riferisco a qualcuno che sia disponibile a dichiararsi in favore di un’azione militare in Libia. Ma diciamo che vogliamo andare a fare la guerra alla Libia e ipotizziamo che il governo libico, traballante e provvisorio, non sia d’accordo. Ci troveremmo di fronte a delle forze militari di Gheddafi che ci sparano.

Che cosa dovremmo fare allora?

Intanto incominciamo col dire che le forze armate di Gheddafi non esistono, visto che gliele avremmo dovute ricostruire noi occidentali, dopo che Gheddafi era diventato ‘tanto buono’.  Ora se si va in Libia – ma la regola è buona sempre – vale la legge: non prenderle. Dunque per non prenderle, si devono minimizzare i rischi e per far ciò bisogna neutralizzare le forze militari di Gheddafi. Ora le forze armate libiche sono quello che sono. Hanno subito un embargo militare per dieci anni e non impensieriscono. La maggior parte dei mezzi militari libici non sono in grado di muoversi. I militari non sono addestrati. Non hanno ricambi. E comunque il meglio che hanno i libici rappresenta quello che c’era di discreto dieci quindici anni fa. Pochi aerei, le navi non si muovono proprio. Non è in condizioni di nuocere.

Ma dato che noi in occidente non accettiamo le perdite umane nelle operazioni militari, come la metteremmo?

La metteremmo così: prima cosa è conquistare la superiorità aerea totale. Altro che No Fly Zone. Non solo quella, ovvero che nessuno si alzi in cielo pattugliando lo spazio aereo libico, ma dovremmo distruggere anche tutte le basi dell’aereonautica libica, accanto a tutti gli aeroporti, la rete integrata di difesa aerea, la quale, benché flebile, esiste ancora. Tutte le batterie missilistiche che riusciamo a identificare, perché non vogliamo che ci abbatta qualche nostro aereo. Il tutto senza esagerare perché poi ci toccherebbe ricostruire tutto. Poi ci sono tutte le batterie costiere e le batterie motocorazzate che ancora esistono e che potrebbero attaccare i nostri che sbarcano. Tutto in 48 ore.

Quanto a possibili missili balistici che potrebbero raggiungere il territorio nazionale italiano non c’è più rischio?

Non c’è più rischio. Gheddafi ha distrutto tutti gli Scud di cui era in possesso. Ce li ricordiamo ancora, noi italiani,  gli Scud del Colonnello. I famosi missili fantasma di Lampedusa.

Senta, ma in uno scenario del genere che dovremmo fare con Gheddafi?

Se decidessimo di entrare in Libia e Gheddafi dovesse tentare di resistere, l’operazione preliminare sarebbe quella di tentare di far fuori Gheddafi, immediatamente. Decapitando il vertice si potrebbe tentare di disincentivare i suoi fedeli a imbracciare le armi contro di noi. Fatto ciò, distrutto il suo sistema di Command and Control e la gran parte delle infrastrutture militari, allora si partirebbe con il resto. Ma è comunque accademia, perché le ripeto, non credo non vi siano gli spazi per un’azione del genere…

Uno sbarco, in questo scenario eventuale, da dove lo dovremmo fare e chi lo dovrebbe fare soprattutto?

Incominciamo dal dove. Gli aerei di cui abbiamo parlato sinora si dovrebbero muovere dalla Sicilia, e nella speranza che ci concedano l’aiuto, da Malta. C’è da predisporre le aviocisterne e ci sarebbe bisogno di almeno due portaerei statunitensi. Gli europei sulle portaerei sono bloccati. Mi risulta che la De Gaulle sia impegnata in Afghanistan; mi risulta che la Cavour sia fuori uso, e la Garibaldi ha 8 unità non di particolare efficienza. Avremmo bisogno di basi a terra e di una seria portaerei statunitense. E poi, una volta fatto questo, si dovrebbe mettere insieme una forza anfibia. Sempre che non ci sparino più addosso al quel punto. Perché se ci sparano addosso, ci serve una forza di almeno diecimila uomini composta di marines statunitensi, di reparti anfibi francesi, qualche cosa di italiano e spagnolo.

Basterebbero diecimila unità?

Diecimila uomini solo per controllare tre punti nevralgici. Per controllare tutto il territorio libico, moltiplichi il numero per cinque. Insomma gli unici che potrebbero farlo sono gli americani assieme ai francesi, e congiuntamente, forse, a italiani e spagnoli. Ci servirebbero due MEB (Marine Expeditionary Brigade, ndr.) statunitensi, una brigata francese e un brigata italo-spagnola. Una cosa del genere, comunque, senza supporto aereonavale statunitense avrebbe una implementazione che difficile è dir poco.

A quel punto si creerebbe il problema del quanto stare?  

Quanto stare in Libia, per l’appunto. Andare a mettersi in un casino del genere, dopo Balcani, Iraq e Afghanistan mi sembra proprio un’assurdità. Senza contare che quello di cui si sente parlare in ambienti Difesa italiana è piuttosto disimpegno dal Libano e da Unifil II, pensi un po’. Altro che invasione della Libia.

Il gen. Piacentini ha dichiarato sul Foglio che le rivolte libiche non sembrano avere un tratto anti-occidentale. Lei crede?

Fino a che non vai, certo. Adesso se le danno tra di loro. Il giorno che dovessimo andare, il problema sarebbe grosso e finiremo per fare un gran favore a Gheddafi. Oggi il colonnello usa Bin Laden; se andassimo noi occidentali, pensiamo veramente che il raìs non userebbe l’arma propagandistica? Chiaramente sì. Qualche libico finirebbe col credere al suo discorsetto sul neocolonialismo.

Le faccio un’ultima domanda: l’Italia non ha fatto altro che temporeggiare sulla Libia. Senza nasconderci dietro un dito, noi italiani abbiamo intrattenuto rapporti con Gheddafi in difesa dell’interesse nazionale e per il perseguimento dei nostri interessi energetici. Siamo compromessi su Gheddafi come governo italiano e ci troviamo tra “incudine e martello”. Cosa puo’ fare l’Italia per uscire da questa scomoda posizione?

Guardi noi italiani e noi europei potevamo cogliere l’occasione di “sfruttare” il ripiegamento strategico di questa amministrazione americana dal Mediterraneo e proiettare un nuovo corso europeo sull’intera regione a seguito dell’effetto domino. Lo abbiamo fatto? No. Sono passati quasi un mese e mezzo dalla rivoluzione tunisina. Stiamo ancora a chiacchierare. In verità, dal punto di vista della protezione dei nostri interessi “privati”, dovremmo avere in questi paesi dei dittatori, quelli che Roosvelt chiamava, secondo al leggenda, "i figli di puttana, ma nostri figli di puttana”. Perché ora che non ci sono più i dittatori e noi qui a cincischiare di democrazia e diritti umani, qualcuno sa dire come andrà a finire in Egitto o in Libia? Abbiamo additato quei corrotti dell’Anp e cosa è arrivato con le elezioni democratiche: Hamas. Dato che non sappiamo effettivamente come andrà a finite, è necessario rilanciare una grande Defense Security Review, come ha proposto l’ex capo di stato maggiore delle IDF (Israeli Defense Force). E questo per capire come interagire tra cinque anni quando questi paesi ricominceranno a giocare un ruolo internazionale attivo magari con missili strategici e armi di distruzione di massa. Per capire la diversità tra noi europei e Israele, per esempio, basterà controllare come cambierà la spesa in difesa israeliana nei prossimi mesi e anni. In Europa si chiacchiera di interventi umanitari o si fantastica di opzioni militari in Libia. Questa è la differenza tra i seri e i meno seri.