Sicurezza, il governo fa marcia indietro. Presto un nuovo provvedimento

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Sicurezza, il governo fa marcia indietro. Presto un nuovo provvedimento

19 Dicembre 2007

Il governo ha deciso di rinunciare alla conversione del decreto legge in materia di sicurezza, ad annunciarlo il ministro per i Rapporti con il Parlamento Vannino Chiti al termine della conferenza dei Capigruppo della Camera.

Il ministro ha aggiunto poi che il Viminale sta lavorando a “un altro provvedimento legislativo con carattere di necessità e urgenza: un nuovo decreto legge”, che sarà varato nella riunione del Consiglio dei ministri del 28 dicembre, “prima della scadenza dell’attuale decreto”.

Dopo le polemiche di ieri, che avevano visto lo stesso Presidente della Repubblica intervenire sulla formulazione delle norme anti-omofobia contenute nel pacchetto, l’Esecutivo, dunque, cambia strada, adducendo motivazioni procedurali per giustificare il dietrofront. “Il governo ha mantenuto l’impegno assunto al Senato. Qui – ha ribadito Chiti – non bluffa nessuno. La via più diretta per mantenere quell’impegno era modificare il testo alla Camera, ma il calendario del Senato rendeva oggettivamente impossibile un nuovo passaggio parlamentare, visto che a Palazzo madama bisogna ancora affrontare la finanziaria ed il protocollo sul Welfare. D’altra parte, altre soluzioni, come quella di un decreto legge ad hoc, si erano dimostrate di difficile applicazione”. Da qui la decisione di rinunciare alla conversione del contestato decreto e la contemporanea costruzione di un nuovo provvedimento, “perché in materia di sicurezza i requisiti di necessità e urgenza permangono, come ci dicono le cronache di tutti i giorni”.

Il nuovo decreto sarà quasi sicuramente varato nel Consiglio dei ministri del 28 dicembre. “Si tratta – puntualizza Chiti – di un provvedimento nuovo, che salvaguarda la continuità delle norme ma che era già nuovo grazie alle modifiche introdotte al Senato”. Un decreto che non conterrà le norme sull’omofobia, entrate in un ddl che verrà quanto prima licenziato dalla commissione Giustizia della Camera. “La sicurezza è sicurezza: l’omofobia – ha concluso Chiti – è importante, ma è un’altra cosa”.

Immediate le reazioni del mondo politico. “Il ritiro del decreto che non aumentava la sicurezza degli italiani e creava un caos con gli errori in materia sessuale rappresenta la vittoria dell’opposizione, la conferma che il governo è allo sbando, l’importanza del ruolo di garanzia del Capo dello Stato che ha dato un contributo essenziale affinché si evitasse lo scempio del diritto”. Afferma Maurizio Gasparri, dell’ufficio politico di Alleanza nazionale.

“Amato – continua Gasparri – disse che si sarebbe dimesso se non fosse passato il decreto. Ora lo fara’? E quando chiedono collaborazione come potremmo offrirla a chi fa solo disastri? Si dimettano travolti dal caso Petroni, dal caso Speciale, dal fallimento del decreto truffa. L’Italia non ne puo’ piu”, conclude l’ex ministro delle Comunicazioni.

“Un governo normale che fosse andato incontro ad infortuni come quello su Petroni e quello sul generale Speciale avrebbe già dovuto invitare il ministro responsabile di questo intreccio di arroganza, di lesioni al diritto e di gaffes a dimettersi”. Sostiene il vice coordinatore di Forza Italia, Fabrizio Cicchitto, che aggiunge: “Ma e’ di fronte al ritiro sul decreto sulla sicurezza che questo governo nel suo insieme dovrebbe dimettersi per la vergogna”.

“Il governo -prosegue- gioca con la sicurezza dei cittadini per assicurarsi la sua sicurezza parlamentare che anche su questo provvedimento era a forte rischio. Il governo e’ in fuga sul tema cruciale della sicurezza mentre ha addirittura provato ad usare il Presidente della Repubblica per mettersi al riparo dallo scontro tra sinistra radicale e centristi”.

“Il ritiro del decreto, non reiterabile, apre un’altra falla nel sistema a parte i possibili ricorsi delle parti interessate. Saremmo di fronte ad uno spettacolo grottesco se la materia in discussione non fosse assai seria, anzi drammatica. Evitiamo per carita’ di patria -conclude Cicchitto- di ricordare da quale episodio fu provocata la decisione governativa di presentare un decreto”.