Sprechi, inefficienza ed altre chicche dell’Istituto Nazionale di Astrofisica

LOCCIDENTALE_800x1600
LOCCIDENTALE_800x1600
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

Sprechi, inefficienza ed altre chicche dell’Istituto Nazionale di Astrofisica

21 Gennaio 2010

Vi fareste curare il fegato da un ragioniere? La risposta evidente è no a meno di essere completamente irresponsabili. Pero’ questo semplice concetto non si applica invece all’l’INAF, l’Istituto Nazionale di Astrofisica , con sede principale a Roma.

L’ente, fin dalla sua nascita nel 2001, vivacchia in uno stato semivegetativo e non è mai riuscito effettivamente a decollare. Nasce accorpando i 12 Osservatori astronomici ed astrofisici presenti in Italia e che avevano sempre goduto di una completa autonomia gestionale ed amministrativa. Il Consiglio di Amministrazione fu formato da esperti del campo e, per alcuni di essi, anche con buone capacità manageriali. Purtroppo, il Presidente prescelto, di sinistra e vicino al governo in carica, si dimostrò non in grado di proporre un piano di sviluppo efficace né di ottenere un adeguato stanziamento di bilancio.

La situazione è andata peggiorando nel corso degli anni confermando il ridotto peso negoziale delle persone scelte a dirigere l’Istituto, certo onesti scienziati ma con scarso peso negoziale nei confronti dei Ministri di riferimento.

Nel 2005, con il riassetto degli enti di ricerca, la situazione si aggrava: confluiscono in INAF i laboratori spaziali del CNR portando il personale da 900 addetti ai 1279 attuali. Il fondo di funzionamento però non aumenta se non per coprire gli stipendi del personale che pesano per il 90% del bilancio. Nel frattempo l’ente si imbarca in varie iniziative, di elevato prestigio ma con un costo rilevante, sì che è necessario accendere prestiti sempre più onerosi per poter onorare gli impegni.

E’ questa una scelta operativa giusta? Certamente la ricerca italiana nel settore è ad altissimo livello in alcune aree e tale andrebbe mantenuta. E’ da valutare, pero’ se tutte le attività accese e mantenute in vita siano giustificate visto che lo stesso Ministero dell’Università, a fronte dei 125,6 milioni richiesti, dai 92 del 2009 ha ridotto il bilancio 2010 ad 89. Alcune strutture dovranno necessariamente chiudere o funzionare a ritmo ridotto; una, addirittura, sarà inaugurata senza poi diventare operativa.

Come mai gli amministratori non hanno saputo individuare una strategia vincente per l’ente ed i canali istituzionali necessari per poterla attuare? Perché non hanno tratto le conseguenze del loro insuccesso?

L’attuale composizione del CdA è un lascito del passato governo e della politica che ha caratterizzato l’operato dell’On.le Mussi, Ministro pro-tempore dell’Università. Sciolto il vecchio Consiglio nominato dalla Moratti dove sedevano esperti del campo, il Ministro ha nominato i suoi rappresentanti “organici” alla colorazione dell’esecutivo in carica, e sin qui nulla di scandaloso, scegliendone due molto particolari. La prima è una professoressa di diritto penale, il secondo un climatologo: certamente competenti nella loro materia lasciano pero’ perplessi quanto al contributo che possono fornire ad un Istituto di ricerca astrofisica sia in termini manageriali, data la peculiarità della situazione operativa, sia in termini di rappresentatività nazionale ed internazionale nel settore. I risultati sono quelli che abbiamo riportato. 

Ma non è finita: pochi sanno che l’attività di ricerca dell’INAF è per larga misura di tipo spaziale ed è finanziata da un altro soggetto, l’Agenzia Spaziale Italiana, che ha il compito istituzionale di sostenere e sviluppare le attività spaziali del paese. Siamo all’assurdo di un ente, nato per svolgere ricerca astrofisica, che funziona soltanto grazie al finanziamento di un secondo ente erogatore senza il quale non potrebbe svolgere i suoi compiti istituzionali.

Ha senso aver creato una struttura incapace di funzionare in maniera autonoma e con una sede centrale, un’amministrazione ed uno staff gestionale, di costo non irrilevante, per gestire questo fantasma?

Presto il Governo attuerà l’ennesimo riordino degli enti di ricerca: questa è l’occasione per arrestare un inutile spreco di risorse cercando piuttosto di ottimizzare e snellire le strutture esistenti. Così come stanno le cose sarebbe meglio fare assorbire l’INAF dal Consiglio Nazionale delle Ricerche istituzionalmente preposto allo sviluppo ed al sostegno della ricerca scientifica.

Chissà se i Ministri Gelmini, Brunetta e Tremonti avranno la forza, e il coraggio, per affrontare e risolvere questo problema: sarebbe un’occasione unica per dare un segnale inequivocabile nella direzione di un modo nuovo di favorire la modernizzazione del mondo scientifico ed un uso razionale del denaro dei contribuenti.