Tra elemosina e lotta alla burocrazia

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Tra elemosina e lotta alla burocrazia

Tra elemosina e lotta alla burocrazia

02 Aprile 2020

Conte li ha definiti le “sentinelle del governo“. Sono i nostri sindaci. E, almeno su questo, dobbiamo dare ragione al Presidente del Consiglio. Che i sindaci fossero le prime sentinelle di questa emergenza lo sapevamo tutti: sono i primi a dover garantire l’efficacia delle misure di contenimento del contagio – cosa che per il momento inizia a dare i suoi piccoli frutti – ma anche i primi a dover affrontare l’altra emergenza, quella economica.
E proprio per affrontare quest’ultima il governo, oltre ad una anticipazione di cassa ai comuni di 4.3 miliardi di euro già dovuti e impegnati dalle amministrazioni, ha annunziato lo stanziamento di ulteriori 400 milioni di euro per permettere ai comuni di erogare buoni spesa per l’acquisto di beni di primissima necessità per le persone in stato di bisogno o acquistare direttamente generi alimentari o altri prodotti e distribuirli.

Anzitutto, nonostante la misura sia stata annunciata dal tandem Conte e Gualtieri con tanto di fanfara manco fosse una nuova finanziaria, si è capito subito che la misura fosse insufficiente. Ma qui viene il bello! Stando a quanto previsto dalla circolare Anci del 30 marzo 2020, dopo aver praticamente deliberato di concedere briciole agli 8000 comuni italiani per affrontare l’emergenza, viene attribuito alle amministrazioni comunali la “discrezionalità” su come ripartire e a quale platea assegnarle. Come dire: vedetevela voi! Ora, che le sentinelle del governo siano a conoscenza di chi versi in stato di bisogno e chi no, soprattutto nei piccoli comuni, ci può stare. Ma ergerli a giudici della distribuzione delle briciole, aggiunge altri problemi oltre a quelli già gravosi che incombono sulle amministrazioni comunali. Anche perché sicuramente non verranno soddisfatte tutte quelle famiglie in stato di bisogno. Certo, la circolare prevede di “dare priorità” a coloro che non percepiscono sostegni pubblici. Ma poi “chiarisce”: “Si rileva che ciò non esclude che le risorse possano essere attribuite anche a percettori di altre forme di sostegno pubblico al reddito, ma nell’attribuzione del contributo dovrà darsi priorità a chi tale sostegno non lo riceve”. In pratica si può fare.

Non pochi amministratori già si sono dichiarati “disperati” oltre che indignati. Ma non è tutto: è previsto infatti che i comuni non abbiano l’obbligo di rendicontare a terzi sulla cifra ricevuta. “Non è previsto un termine per l’utilizzo di tale risorse in capo ai Comuni, né obbligo di rendicontazione a terzi di quanto speso” recita sempre la circolare Anci, sottolineando e mettendo in grassetto la suddetta frase. Tutto questo per evitare di aggiungere burocrazia in un momento di emergenza. Eppure, se da un lato il principio può essere senz’altro positivo, dall’altro apre non pochi problemi: chi potrà verificare che la somma erogata verrà effettivamente spesa per lo scopo previsto? Teoricamente – non accadrà, certo- le amministrazioni potrebbero anche non destinare questi fondi allo scopo prefissato o perseguirlo con un accesso di discrezionalità e non in base alle esigenze oggettive. Chi controllerà? Alla faccia della “trasparenza” sbandierata dai grillini.

Eppure, come dicevamo, volendo prendere per buono il principio finalizzato a togliere burocrazia – certamente un aiuto ai sindaci ora come ora -, sarebbe ancor buono se tale principio fosse l’inizio di un processo virtuoso che portasse a sburocratizzare anche altri settori: vogliamo parlare del codice degli appalti che, a quanto pare, entrando in vigore a luglio metterà ulteriormente in ginocchio altre imprese?Stendendo ovviamente un velo pietoso sul caos per partite Iva e autonomi ad accedere al bonus dei 600 euro e sul labirinto tuttora inestricabile per fruire della cassa integrazione prevista dal decreto di marzo. Giusto per fare qualche esempio. Altrimenti si tratterà della solita toppa che non serve a tappare il buco. Men che meno ora.