Tunisia. Si cerca la svolta politica, a Cartagine è battaglia nelle strade

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Tunisia. Si cerca la svolta politica, a Cartagine è battaglia nelle strade

16 Gennaio 2011

La Tunisia sta lottando con tutte le sue forze per non finire nel baratro del caos. Intanto, a Tunisi l’esercito ha circondato il palazzo presidenziale di Cartagine dove asserragliati uomini della Guardia presidenziale, fedeli a Ben Ali, hanno sparato per ore. Tenta di resistere la Tunisia dei civili che si sono organizzati per l’autodifesa dalle bande armate che imperversano in tutto il paese, sparando e organizzando rapine e saccheggi.

Tenta di resistere la Tunisia delle istituzioni, che vuole salvare il Paese nel rispetto della Costituzione ma sa che gli è rimasto davvero poco tempo per frenare la deriva con un governo di unità nazionale, unica riposta politica possibile alla profonda crisi in cui in pochi giorni è caduto il Paese. E vuole resistere soprattutto la Tunisia di quel movimento che in queste settimane si è formato dal basso, innescato sì dal gesto estremo del giovane Mohammed che si è dato fuoco a Sidi Bouzid, e alimentato sì dall’esasperazione di tanti giovani disoccupati come lui, ma che si è trasformato ben presto in movimento per la libertà, la dignità della nazione e la fine della dittatura. Le forze sane delle istituzioni e quelle dell’opposizione stanno da ieri cercando una mediazione per definire la lista dei ministri del governo di unità nazionale.

Si sperava in un annuncio già oggi, ma si dovrà attendere domani. Troppo tardi? Veniva da chiederselo, mentre Avenue Bourghiba si trasformava in un campo di battaglia tra quelli che molti ritengono i miliziani delle forze di sicurezza di Ben Ali da una parte ed esercito e polizia dall’altra. Con giornalisti rimasti fuori degli hotel che cercavano riparo e i blindati che percorrevano il viale, davanti a quel ministero dell’interno dove probabilmente si trova ancora in arresto il capo della sicurezza di Ben Ali, il generale Ali Seriati, vero leader delle milizie in rivolta. Ma veniva soprattutto da chiederselo alla notizia dell’attacco di stasera al Palazzo di Cartagine. Non vi sarà "alcuna tolleranza" nei confronti di chi semina il caos, ha detto stasera il primo ministro Mohammed Ghannouchi parlando alla tv di Stato.

"Abbiamo arrestato un gran numero di bande criminali che cercano di seminare il caos – ha aggiunto – Le forze dell’ordine, l’esercito, la polizia e la guardia nazionale stanno facendo un lavoro enorme per garantire la sicurezza della nazione e dei cittadini". Ma non ha voluto dire, Gannouchi, se i criminali di cui parlava siano proprio gli uomini di Seriati, che domani comparirà davanti ai giudici per rispondere incitamento alla violenza e minaccia alla sicurezza nazionale. "Non posso sostituirmi alla Giustizia ", ha detto.

Insomma, è la legalità che deve vincere. Anche per questo si sta cercando di fare piazza pulita del regime di Ben Ali arrestando componenti dell’odiato clan della moglie Leila. Oggi è finito in manette Murad Trabelsi, cognato dell’ex presidente, all’indomani della morte di un nipote della ex firsta lady, Imed, pugnalato alcuni giorni fa. E la legalità deve vincere sul piano politico. Questa è la scommessa del Partito Democratico Progressista di Nejib Chebbi, il leader più in vista dell’opposizione, che nel 2009 tentò inutilmente di candidarsi alle presidenziali. Proprio mentre lui era impegnato nella mediazione politica per la formazione del nuovo governo, la polizia fermava un taxi carico di armi davanti alla sede del Pdp, sparando colpi in aria e compiendo arresti.

Il problema della sicurezza è un incubo non solo per i tunisini, ma anche per gli stranieri che vivono in Tunisia o che stanno cercando di lasciare il Paese. Da oggi più voli e anche navi sono a disposizione degli italiani che preferiscono rientrare in patria. Resta difficile la situazione del Circo Bellucci, un centinaio di persone bambini inclusi bloccato a Sfax. Ma la Tunisia guarda stasera alla battaglia di Cartagine, che potrebbe segnare una svolta nei rapporti di forza fra i fedelissimi di Ben Ali e quell’esercito che si era rifiutato di sparare sulla folla.