Tutta colpa dei Savoia
06 Agosto 2008
di redazione
Oggi che i postcomunisti, in giacca a cravatta, frequentano le sale della Confindustria e delle Banche più dei capannoni delle officine e che la destra si presenta come garante dello sviluppo economico e della libertà d’impresa, gli interessi borghesi non vengono più ritenuti i moventi occulti del turpe processo unitario. Responsabili, ormai, di cotanto delitto sono rimasti solo i Savoia, una dinastia che non potrebbe mai essere vituperata abbastanza.
La tesi è di enorme interesse sotto il profilo teorico. Significa che basta un piccolo monarca subalpino, dominato da una potente ambizione, per realizzare uno degli edifici politici più complessi e sconvolgenti degli antichi assetti internazionali europei quale fu appunto il Regno d’Italia.
Naturalmente, il preteso Re Galantuomo si servì di grossi lestofanti come Cavour e Garibaldi e, indirettamente, di anime candide ma ingenue come Mazzini. Col loro aiuto, riuscì a reclutare, tra la borghesia colta del Centro e del Sud, centinaia, se non migliaia, di patrioti unitari – e spesso di elevato sentire e di altissima cifra intellettuale – che gli spianarono la strada, senza sapere quel che si facevano. Quando si dice: “poca favilla gran fiamma seconda!”.
Si affaccia, però, un dubbio: se Vittorio Emanuele II è davvero riuscito a ingannare tanta gente, a unire l’Italia coi denari e col sangue degli altri, a fare sontuose nozze coi pochi fichi secchi del suo Regno di Sardegna, non dovremmo considerarlo uno dei più grandi geni politici di tutti i tempi? Cesare Borgia, al suo confronto, diventa un Napoleone di Cisterna di Latina!
(Dino Cofrancesco)