Uno scudo per i medici in battaglia

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Uno scudo per i medici in battaglia

20 Aprile 2020

Già sento nel Paese che tende ad affievolirsi quel moto unico, quell’afflato nei confronti dei medici, degli infermieri, dei farmacisti e di tutti gli operatori sanitari che hanno operato come veri eroi al fronte di una battaglia combattuta con la forza del coraggio più che con quella degli strumenti e della conoscenza. Funziona così: prima la stagione degli angeli e poi il tempo appanna e ritornano demoni. Un virus insidioso, malefico, temibile che ha contagiato centinaia di migliaia di cittadini italiani, forse milioni, ci ha sfidati.

Ed in questa battaglia fatta di abnegazione e consapevolezza, mista ad un indispensabile tratto di lucida follia, i medici non si sono sottratti, talvolta nella certezza di andare  al cospetto del “maligno”, privi di mascherine, guanti, visiere e camici adeguati, senza vaccino e senza terapia validata.

Il cuore dei sanitari è andato stabilmente oltre l’ostacolo della disorganizzazione, della mancanza di direttive precise, della impreparazione di sistema.

Ad oggi 131 medici, 9 farmacisti e 31 infermieri sono caduti, colpiti alle spalle dal Coronavirus quando meno lo si aspettava, nell’esercizio delle proprie nobili attività.
Oltre diecimila i contagiati e quasi tutti già ritornati al lavoro come fosse una sfida personale a questo maledetto fantasma. Questi lavoratori segnati dal giuramento di Ippocrate sono risultati eroici e come tali vanno considerati dal punto di vista sociale ed anche nel ricordo del Paese. Oggi il tempo è giusto per concedere a tutto il personale, accanto agli onori di una “campagna” senza sosta contro il Covid 19, anche quelle necessarie tutele che rendono più giusto il nostro Paese.

Penso che il Parlamento oggi, e non domani, debba tributare, a questi salvatori di migliaia di vite, il giusto riconoscimento di una tutela penale ampia e che escluda il solo dolo.

Argomento le ragioni di questa mia riflessione offrendo qualche elemento, tra gli altri: tutto il personale sanitario è stato spedito a fronteggiare, diagnosticare, curare ed intubare pazienti senza i necessari dispositivi di tutela individuale e talvolta anche senza la possibilità di verificare, con l’esame del tampone faringeo, se il paziente in osservazione critica fosse affetto da Covid 19.

Quasi sempre le condizioni di esercizio della professione si sono misurate con difficoltà di ogni genere, da quelle logistiche a quelle della disponibilità di letti e ventilatori moltiplicati in spazi di fortuna eppur mai  a sufficienza, dalle prestazioni radiologiche intasate per la molteplicità di pazienti giunti nei pronto soccorso, a turni resi interminabili dai mancati avvicendamenti.

Saltellano come in un rituale magico e celeste da un letto all’altro, da un respiratore a quello successivo, pronti a sostenere ogni paziente, anche con uno sguardo appena visibile dietro le lenti. Medicina di guerra, la chiamerei, senza andare troppo per il sottile, pensiero ed azione con la celerità di chi sa che 10 secondi possono farti perdere quel paziente. Per sempre. Non “medicina difensiva” che prevede tanti “consensi informati” ed ogni esame “cautelativo”, piuttosto la necessità di aggredire presto e comunque il nemico giurato.

Abbiamo scoperto una medicina nuova, da campo, immediata, subitanea tra flebo e rantoli, tra quel rumore sinistro ed assordante delle terapie intensive e il terrore di portare con sé quel male a casa, dai propri cari.

A queste donne che si sono assopite con la testa china sui rari banchetti, a questi uomini sfigurati dalla compressione di mascherine indossate h24, dobbiamo una norma semplice che li sollevi da ogni responsabilità penale ed ovviamente da ogni pretesa risarcitoria.
Questo non deve confliggere però con il diritto sacrosanto di ogni cittadino di adire le vie legali per ottenere il giusto riconoscimento. Chiunque, familiare di un caduto o contagiato che sia stato, tutti devono poter richiedere, pretendere ed ottenere verità e giustizia e se del caso il giusto risarcimento. Ho presentato con alcuni colleghi un emendamento al decreto Cura Italia che va in questa direzione. Un altro indica di attribuire a queste donne e questi uomini coraggiosi caduti per combattere il Covid 19 la qualifica di vittima del dovere.
Un terzo suggerisce di defiscalizzare gli stipendi al personale in sanità per tutto l’anno in corso.

Una trilogia che prova a dare una risposta ad una domanda di salute che questa tragedia ci ha posto con veemenza.

La scienza, i medici, il personale sanitario, quel camice bianco sono un valore essenziale per il vivere civile, ma oggi di più sono una necessaria ricchezza per provare a vincere le sfide che si presentano.

Un’ultima cosa: nessuno pensi di utilizzare il personale sanitario per infilare uno scudo che serva a dare un colpo di spugna e cancellare tutte le nefandezze organizzative e gestionali di capi e capetti, di papaveri e mamma santissima della sanità che, qualora accertate, vanno sanzionate con severità sul piano penale e su quello civile-risarcitorio.