Uribe ha rimesso in piedi la Colombia

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Uribe ha rimesso in piedi la Colombia

13 Marzo 2008

Intervistato a Tv7 il ministro degli Esteri Massimo D’Alema ha detto che l’accordo chiuso tra l’Eni e il governo venezuelano “aumenta le nostre risorse petrolifere del 15%”. Neppure un commento sul presidente Hugo Chavez che minaccia di invadere la Colombia dopo averla definita “l’Israele dell’America Latina”. Gli affari sono affari.

 

La Colombia è dilaniata da una guerra civile che dura da quarant’anni e ha fatto più di centomila morti. Dal 2002 il presidente Alvaro Uribe combatte i narcoguerriglieri delle FARC grazie ai finanziamenti del Plan Colombia, la guerra totale alla droga dichiarata da Clinton e proseguita da Bush. Uribe è stato in grado di sradicare vaste aree del paese convertite alla coltivazione della coca e almeno 35.000 guerriglieri hanno abbandonato le armi, sono stati arrestati o uccisi. Il rafforzamento militare della Colombia ha modificato l’equilibrio geopolitico dell’area andina e dei Grandi Caraibi generando una serie di frizioni diplomatiche tra il governo di Bogotà, l’Ecuador, il Perù e il Venezuela di Chavez.

 

Dicono che quella americana sia una diplomazia da cow-boy. In realtà Washington sta portando avanti una dinamica politica di cooperazione con la Colombia. Il presidente Bush preme sul Congresso perché sia ratificato l’Accordo di libero scambio tra gli Usa e la Colombia, dopo quello stretto con il Perù, un altro degli avversari storici di Uribe passato a più miti consigli. L’accordo potrebbe favorire non solo l’economia colombiana ma anche l’industria manifatturiera e le esportazioni agricole degli Stati Uniti. Come ha scritto Roger Noriega sul Miami Herald, gli Stati Uniti dovrebbero continuare ad aiutare la Colombia per trasformarla in un alleato forte e fedele che sia in grado di opporsi all’asse chavista. L’accordo di libero scambio con gli Usa non è scontato. Il Partito Democratico americano controlla il Congresso e prima di fare affari con Bogotà pretende che siano rispettati i diritti umani e le condizioni di lavoro del popolo colombiano.

 

In patria Uribe gode di un consenso bulgaro. Le organizzazione umanitarie internazionali lo accusano di aver fomentato la guerra civile organizzando bande di paramilitari che massacrano non solo i guerriglieri delle FARC ma anche la popolazione innocente. Nell’agosto del 2004, il National Security Archive ha pubblicato un report declassificato della DIA che risaliva a circa dieci anni prima. Uribe veniva definito “un amico personale di Pablo Escobar”, il re dei cartelli della droga colombiani, mettendo in evidenza “la collaborazione tra i boss di Medellin e alti livelli del governo colombiano”. Accuse che sono riemerse nel libro Amando a Pablo, odiando a Escobar, il memoriale pubblicato da Virginia Vallejo, una delle sedicenti amanti del mafioso sudamericano. La Vallejo ha scritto che Escobar “idolatrava” Uribe perché l’aveva aiutato a creare l’infrastruttura del narcotraffico in Colombia. All’epoca Uribe era direttore dell’aviazione civile.

 

Il presidente colombiano si difende strenuamente dalle accuse che, a suo dire, vengono messe in giro dagli avversari politici: “Mio padre è stato ucciso dalle Farc!”. Durante i suoi due mandati ha estradato oltre 170 criminali nel resto del mondo. Secondo il portavoce del Dipartimento di Stato americano Robert Zimmerman: “Uribe è un grande avversario della lotta al narcotraffico”. Nel maggio del 2007 ha vinto il premio Light Unto The Nations del prestigioso American Jewish Committee. Robert Goodkind, il presidente dell’AJC, lo ha definito un alleato fedele degli Stati Uniti, un buon amico di Israele e del popolo ebraico, un uomo impegnato a diffondere la dignità e lo sviluppo umano in Colombia e nelle Americhe. Non ci sono informazioni credibili in grado di confermare le accuse contenute nel report della DIA.

 

L’impressione è che a molti osservatori non piacciono le politiche liberiste di Uribe. Questo genere di propaganda trionfa nei siti internet dei paesi, compresa l’Italia, che guardano con un misto di simpatia e nostalgia alla rivoluzione chavista. Se cerchiamo alla voce “Uribe” nella versione italiana di Wikipedia veniamo a sapere che “Uribe è considerato uno degli ennesimi presidenti fantoccio installati dal governo statunitense in Sud America. A testimonianza di questo ci sarebbe l’approvazione dei piani di tagli alle spese sociali in materia educativa, che hanno portato la Colombia ad avere una maggiorazione di 300.000 bambini esclusi dall’educazione elementare, con il 95% dei giovani impossibilitati economicamente ad accedere a quella superiore, l’approvazione dei piani di tagli alle spese sociali in materia sanitaria, con le privatizzazioni degli ospedali e lo smantellamento degli ambulatori, e l’approvazione dei piani di tagli alle spese sociali in materia di lavoro, con l’innalzamento della fine dell’orario di lavoro dalle 18.00 alle 22.00 che ha praticamente annullato gli straordinari e l’aumento della disoccupazione al 30%”. A parte il disastroso stile paratattico, l’anonimo recensore di Wikipedia Italia non offre fonti precise sul presunto collasso della società colombiana.

 

Ma se consultiamo la versione americana di Wikipedia le cose cambiano. L’amministrazione Uribe ha rispettato i patti stabiliti con il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale, ha ridotto la spesa, pagato i debiti, privatizzato le imprese pubbliche, cercando di attrarre grandi investitori internazionali. Secondo Juan Lozano, High Advisor for Social Policy del governo colombiano, nel 2005 l’amministrazione Uribe ha esteso l’assistenza sanitaria e ci sono stati sostanziali passi avanti nell’educazione superiore e universitaria e nell’edilizia popolare. Tra il 2004 e il 2005 le forme di microcredito per l’avviamento di piccole e piccolissime industrie hanno avuto un incremento del 157%. A quanto pare il liberista Uribe ha rimesso in piedi la Colombia, a differenza del ‘socialista’ Chavez che invece deve fare i conti con un’economia allo sbando.

 

Uribe ha detto in un’intervista alla BBC: “Certamente abbiamo bisogno di eliminare le ingiustizie sociali in Colombia ma cosa viene prima? La pace. Senza pace, non ci sono investimenti. Senza investimenti, non ci sono risorse fiscali per il governo, non si può migliorare il welfare e le condizioni di vita della popolazione”.

 

Un ruolo fondamentale nella soluzione della crisi scoppiata tra Colombia e Venezuela lo giocherà la Organization of American States (OAS). I paesi dell’America Latina devono “calmare gli animi”, come ha scritto Ray Walser, analista della Heritage Foundation. Una presa di posizione netta del presidente Lula sarebbe un modo per rilanciare il ruolo del Brasile nel management delle crisi sudamericane.

 

I governi democratici del Sud America dovrebbero chiedersi quanto sia utile continuare a sopportare le provocazioni di Chavez. Come giudicare la politica di uno stato, il Venezuela, che non vende soltanto petrolio ma sponsorizza attivamente il narcotraffico? Per Chavez la Colombia è “un governo genocida