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Whatever it takes

03 Febbraio 2021

Pubblichiamo il testo dell’intervento del 26 luglio 2012 con il quale Mario Draghi, allora presidente della Bce, pronunciò il famoso “whatever it takes” che diede il via al salvataggio straordinario dei Paesi europei indebitati.

(…) mentre cercavo di prepararmi per questa conversazione, mi sono chiesto che tipo di messaggio volessi darvi; non vorrei usare la parola “vendere”, ma in realtà credo che la cosa migliore che posso fare, è darvi una valutazione sincera del modo in cui noi vediamo la situazione dell’euro da Francoforte.

E la prima cosa che mi è venuta in mente era qualcosa che la gente diceva vari anni fa e poi ha smesso di dire: l’euro è come un calabrone (bumblebee). Che è un mistero della natura, perché non dovrebbe volare, e invece lo fa. Quindi l’euro è stato un calabrone che ha volato molto bene per diversi anni. E ora – e credo che la gente si chieda “come mai?” – probabilmente c’era qualcosa nell’atmosfera, nell’aria, che ha permesso al calabrone di volare. Adesso qualcosa deve essere cambiato nell’aria, e sappiamo che cosa, dopo la crisi finanziaria. Quindi il calabrone avrebbe dovuto diventare una vera ape. Ed è ciò che ora sta facendo.

Quindi il primo messaggio che vi voglio inviare è che l’euro è molto, molto più forte, l’area dell’euro è molto, molto più forte di quanto la gente riconosca oggi. Non solo guardando gli ultimi dieci anni, ma anche se si guarda ad adesso, si vede che per quanto riguarda l’inflazione, l’occupazione, la produttività, l’eurozona ha fatto altrettanto o meglio di Stati Uniti o Giappone.

Poi il confronto diventa ancora più netto quando si arriva al disavanzo e al debito. L’eurozona ha un deficit e un debito molto più bassi di questi due paesi. E, inoltre, non meno importante, ha una bilancia commerciale in equilibrio, nessun deficit. E ha anche un grado di coesione sociale che non si trova negli altri due paesi. Si tratta di un ingrediente molto importante per intraprendere tutte le riforme strutturali che trasformeranno effettivamente il calabrone in un’ape vera.

Il secondo punto, il secondo messaggio che vorrei inviarvi oggi, è che negli ultimi sei mesi ci sono stati progressi straordinari. Se si confrontano gli Stati dell’eurozona oggi rispetto a sei mesi fa, si vedrà che oggi è un mondo completamente diverso, e per il meglio. E questo progresso ha assunto diverse forme.

A livello nazionale, perché naturalmente, mentre io dicevo, mentre glorificavo i meriti dell’euro, voi pensavate: ma questa è una media! E in realtà i paesi divergono così tanto all’interno dell’eurozona, che le medie non sono più rappresentative quando la varianza è così grande. Ma nel corso degli ultimi sei mesi, questa media, o meglio, le variazioni tendono a diminuire ed i paesi tendono a convergere molto più quanto abbiano fatto in tanti anni. Paesi come il Portogallo, l’Irlanda. E anche paesi che non sono sotto programma, come la Spagna e l’Italia. I progressi nel controllo del deficit, nelle riforme strutturali sono stati notevoli. E dovranno continuare in questo. Ma il ritmo è stato impostato e tutti i segnali che abbiamo dicono che non rallentano, non smettono con le riforme. E’ un processo complesso, perché per molti anni ben poco è stato fatto – arriverò a questo tra un momento.

Ma un sacco di progresso è stato fatto anche a livello sovranazionale. Ecco perché dico sempre che l’ultimo vertice è stato un vero successo. L’ultimo vertice è stato un vero successo, perché per la prima volta in molti anni, tutti i leader dei 27 paesi europei, compreso il Regno Unito quindi, hanno detto che l’unico modo per uscire da questa crisi è avere più Europa, non meno Europa. Un’Europa fondata su quattro pilastri: unione fiscale, unione finanziaria, unione economica e unione politica. Questi pilastri, in due parole – possiamo continuare a discutere di questo in seguito – significano che molta più sovranità sarà esercitata a livello sovranazionale, che regole comuni di bilancio vincoleranno l’azione dei governi sul fronte fiscale.

Poi, con l’unione bancaria (o unione finanziaria) avremo un supervisore per l’intera eurozona. E per dimostrare che c’è piena determinazione ad andare avanti e che queste non sono solo parole vuote, la Commissione europea presenterà una proposta per il supervisore all’inizio di settembre. Cioè tra un mese. E credo di poter dire che i lavori sono piuttosto avanzati in questa direzione.

Dunque più Europa, ma anche i diversi tipi di firewall che sono stati oggetto di attenzione e ora sono pronti a funzionare molto meglio che in passato.

Il secondo messaggio è che ci sono più progressi di quanto è stato riconosciuto.

Ma il terzo punto che voglio evidenziare è in un certo senso più politico.

Quando la gente parla di fragilità dell’euro, di fragilità crescente dell’euro, e forse di crisi dell’euro, molto spesso gli stati o i leader che non fanno parte dell’eurozona sottovalutano l’entità del capitale politico che viene investito nell’euro. E invece noi lo vediamo, e non credo che siamo osservatori parziali, e pensiamo che l’euro è irreversibile. E non è una parola vuota, perché ho appena detto esattamente quali azioni sono state fatte, e vengono fatte per renderlo irreversibile.

Ma c’è un altra cosa che voglio dirvi.

All’interno del nostro mandato, la BCE è pronta a fare tutto quanto è necessario per preservare l’euro. E credetemi, sarà abbastanza. (Within our mandate, the ECB is ready to do whatever it takes to preserve the euro. And believe me, it will be enough)

Ci sono alcune sfide, a dir poco, a breve termine. Le sfide a breve termine a nostro avviso si riferiscono soprattutto alla frammentazione finanziaria che ha avuto luogo nell’eurozona. Gli investitori si sono ritirati nei loro confini nazionali. Il mercato interbancario non funziona. Sta funzionando un po’ all’interno di ciascun paese, ma certamente non funziona tra paesi. E penso che la strategia chiave qui è che se vogliamo uscire da questa crisi, dobbiamo riparare questa frammentazione finanziaria.
Ci sono almeno due dimensioni in questo.

Il mercato interbancario non sta funzionando, perché per ogni banca al mondo, le norme sulla liquidità attualmente in vigore rendono il concedere prestiti alle altre banche o il prendere a prestito da altre banche un equivalente della proposta di perdere denaro. Quindi il primo motivo è che la regolamentazione deve essere ricalibrata completamente.

Il secondo punto è in un certo senso un problema di azione collettiva: le autorità di vigilanza nazionali, di fronte alla crisi, hanno chiesto alle loro banche, le banche sotto la loro supervisione, di ritirare la loro attività all’interno dei confini nazionali. E chiudono un recinto intorno alle posizioni di liquidità, quindi la liquidità non può fluire, anche all’interno di una stessa holding, perché le autorità di vigilanza del settore finanziario stanno dicendo “no”. Così, anche se singolarmente ciascuno può avere ragione, collettivamente fanno una cosa sbagliata. E questa situazione dovrà essere superata ovviamente.

E poi c’è un fattore di avversione al rischio. L’avversione al rischio ha a che fare con il rischio della controparte. Ora, nella misura in cui sono convinto che la mia controparte sta per fallire, non ho intenzione di fare prestiti a questa controparte. Ma può essere perché è a corto di fondi. E penso che ci siamo occupati di questo con i due grandi LTRO con cui abbiamo iniettato mezzo trilione di liquidità netta nelle banche dell’area euro. Ci siamo presi cura di questo.

Poi c’è il rifiuto legato alla percezione che la controparte possa fallire a causa di mancanza di capitali. Possiamo fare poco riguardo a questo.

Poi c’è un’altra dimensione, che ha a che fare con i rendimenti dei titoli  sovrani. Questi rendimenti hanno a che fare, come ho detto, con il default, con la liquidità, ma hanno anche sempre di più a che fare con la convertibilità, con il rischio di convertibilità. Ora, nella misura in cui tali rendimenti non hanno a che fare con fattori inerenti alla controparte, essi entrano nel nostro mandato. Essi sono di nostra competenza. Nella misura in cui la dimensione di questi rendimenti dei debiti sovrani ostacola il funzionamento dei canali di trasmissione della politica monetaria, essi rientrano nel nostro mandato.

Quindi dobbiamo affrontare questa frammentazione finanziaria prendendo di mira questi problemi.

Penso che mi fermerò qui. Penso che la mia valutazione è stata abbastanza sincera e franca. Grazie.