Le proposte di Fondazione Magna Carta e Hamu per connettere le aree interne

Banner Occidentale
Banner Occidentale
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

Le proposte di Fondazione Magna Carta e Hamu per connettere le aree interne

Le proposte di Fondazione Magna Carta e Hamu per connettere le aree interne

17 Luglio 2025

C’è un’Italia che vive al margine, ma che può tornare al centro. È l’Italia delle aree interne, delle vallate silenziose, delle montagne che custodiscono storie antiche e identità forti. Territori che oggi affrontano sfide complesse – dallo spopolamento all’isolamento infrastrutturale – ma che proprio per queste caratteristiche possono trasformarsi in laboratori di innovazione sociale e tecnologica, luoghi dove sperimentare modelli di sviluppo più sostenibili, più resilienti.

Le difficoltà sono reali: infrastrutture carenti, servizi essenziali difficili da raggiungere, opportunità troppo spesso concentrate altrove. Eppure, accanto ai limiti, emergono nuove possibilità. In un mondo sempre più digitale, le aree fragili possono diventare banchi di prova strategici per politiche intelligenti, capaci di generare inclusione, valore economico e nuova cittadinanza. Restituire centralità a questi luoghi non è solo una scelta di giustizia territoriale: è un investimento sul futuro del Paese.

Come innescare questa trasformazione? A questa domanda ha cercato di rispondere il convegno “Italia veloce: riconnettere le aree fragili per un Centro Italia a prova di futuro”, che si è svolto ieri presso il Centro Congressi dell’Università dell’Aquila. Promosso dalla Fondazione Magna Carta, in collaborazione con HAMU – Hub Abruzzo Marche Umbria e con l’ateneo aquilano, l’evento ha riunito istituzioni, ricercatori ed esperti per affrontare una questione cruciale: come far leva sul digitale per rilanciare le aree interne, renderle più accessibili, attrattive e competitive.

Durante l’incontro è stato presentato uno studio – a cura di Maria Teresa Idone –  che propone un modello di connettività ibrida, costruito sull’integrazione tra fibra ottica (FTTH), tecnologie satellitari, 5G e reti IoT. Una strategia mirata, in grado di adattarsi alle caratteristiche fisiche e demografiche dei territori, anche i più remoti. Ma l’infrastruttura, da sola, non basta: al centro della visione c’è un forte investimento in competenze digitali, formazione diffusa e reti territoriali per accompagnare la trasformazione e renderla realmente efficace.

Il documento – frutto del lavoro congiunto tra realtà istituzionali e scientifiche – non si limita a descrivere il presente, ma avanza proposte concrete in linea con le strategie europee del Decennio Digitale, con il PNRR e con i programmi nazionali dedicati alle aree fragili come NextAppennino. In particolare, si evidenzia l’urgenza di sviluppare ecosistemi locali dell’innovazione, rafforzare la domanda di digitale da parte delle imprese e costruire modelli di governance multilivello.

I numeri mostrano la portata della sfida: oltre il 70% dei comuni italiani ha meno di 5.000 abitanti, e più della metà si trova in aree interne o rurali. In questi territori vive circa un quarto della popolazione nazionale, spesso in condizioni di svantaggio nell’accesso ai servizi, alla mobilità e alla rete. Eppure, secondo la Commissione Europea, investimenti e riforme in ambito tecnologico potrebbero generare entro il 2030 una crescita cumulativa del PIL fino al 14%. Un’occasione che non può essere mancata.

Parlare oggi di accesso al digitale significa parlare di un diritto. Un diritto che abbraccia l’istruzione, la sanità, il lavoro, la partecipazione democratica. Garantire la connettività significa assicurare a tutti – indipendentemente da dove vivano – la possibilità di esprimersi, informarsi, contribuire. In un Paese in cui ancora oggi troppe aree restano parzialmente escluse dalla rete, l’inclusione comincia dalla connessione.

Ma il digitale è anche – e sempre più – una leva decisiva per la competitività. Nessun territorio può attrarre investimenti, trattenere talenti o sviluppare nuove imprese senza un’infrastruttura moderna. L’innovazione non è un lusso, è una condizione per esistere nel presente e avere un posto nel futuro. Una rete digitale veloce, capillare, affidabile è la base per costruire sviluppo, lavoro, nuove economie locali.

Senza un futuro digitale, le aree interne rischiano di restare tagliate fuori dalla traiettoria di crescita del Paese. Ma proprio da questi luoghi può nascere una nuova visione di sviluppo: più equa, più coesa, più intelligente.

***

Dopo i saluti introduttivi di Gaetano Quagliariello, Presidente di Magna Carta, e Antonio Di Santo, Sindaco di Opi, intervenuto in rappresentanza di ANCI Abruzzo, hanno partecipato all’evento: Fortunato Santucci, docente di Telecomunicazioni all’Università dell’Aquila; Jonathan Strabbioli, amministratore di Best of the Apps; Giuliano Ciabocco, sindaco di San Ginesio; Leo Bollettini, esperto di agritech; Letizia Urbani, direttrice di Meccano; Vincenzo Cammarata, responsabile relazioni istituzionali di Lutech; Roberto Basso, direttore relazioni esterne e sostenibilità di Wind Tre. Le conclusioni sono state affidate a Edoardo Alesse,  presidente di HAMU. A moderare il dibattito, Gian Mario Spacca, coordinatore HAMU e già Presidente della Regione Marche. Sono intervenuti, infine, Guido Castelli, Commissario straordinario del Governo per la riparazione e la ricostruzione sisma 2016, e Francesco Acquaroli, presidente della regione Marche.