Dal turismo una risposta per l’Italia interna

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Dal turismo una risposta per l’Italia interna

Dal turismo una risposta per l’Italia interna

04 Giugno 2025

Le “aree fragili”, isolate e periferiche, rappresentano una componente complessa del nostro Paese.  Le sole “aree interne” coprono circa il 60% della superficie nazionale, ospitando il 22% della popolazione. La Strategia Nazionale per le Aree Interne si è fondata sul concetto di accessibilità ai servizi, considerata in termini di tempo di percorrenza verso i “comuni polo”, ovvero quelli dotati di ospedali con pronto soccorso, scuole secondarie superiori complete e snodi di trasporto efficaci. In base a tale criterio, sono state distinte diverse aree: di cintura, intermedie, periferiche e ultra-periferiche, sulla base di soglie temporali crescenti da 20 a oltre 75 minuti. La SNAI è stata recentemente finanziata con il nuovo piano strategico (PSNAI).

A fotografare la situazione è l’Atlante delle Aree Interne curato dall’Agenzia per la Coesione Territoriale, secondo cui nel ciclo di programmazione 2021–2027 risultano coinvolti 1.947 comuni in 72 aree-progetto, per un totale di oltre due milioni di abitanti. In molte di queste zone, la distanza dai servizi non è soltanto un fatto geografico ma una condizione critica strutturale, che incide profondamente sulla qualità della vita, sulle opportunità occupazionali, sull’accesso alla formazione e, più in generale, sulla permanenza stabile dei residenti. La progressiva rarefazione del trasporto pubblico e la chiusura di presìdi locali, ha determinato con il passare del tempo una perdita di attrattività costante, spesso irreversibile, soprattutto per le fasce giovanili.

Il fenomeno dello spopolamento in queste aree assume caratteri allarmanti. In molte zone dell’entroterra umbro-marchigiano, ad esempio, il calo della popolazione tra il 2011 e il 2021 ha superato il 9%, con valori ancora più critici nei comuni montani. A questo si aggiunge un processo costante di invecchiamento, che determina uno squilibrio demografico strutturale: nelle aree interne la percentuale di over 65 supera sistematicamente quella dei giovani sotto i 30 anni, riducendo così la forza lavoro potenziale. Le comunità locali, in molti casi, si trovano a fronteggiare una crisi silenziosa, fatta di uscite senza rientri, di chiusure di attività e di un indebolimento del tessuto relazionale.

I principi geografici ed amministrativi su cui si è fondata la SNAI andrebbero accompagnati da indagini verticali in grado di valorizzare le specifiche vocazioni territoriali, in diversi settori, dal turismo all’energia alla trasformazione digitale, favorendo processi di partenariato tra lo Stato e le imprese. Dal punto di vista turistico, ad esempio, la destagionalizzazione dei flussi potrebbe permettere di indirizzare i turisti che visitano le grandi città d’arte verso i borghi e le aree più periferiche, cercando di distribuire gli arrivi lungo tutto l’arco dell’anno.

Il potenziamento dell’offerta turistica, previsto anche dal Ministero del Turismo, permetterebbe di sostenere le economie locali, contribuendo alla coesione sociale. Nelle aree fragili dell’Italia centrale, ad esempio, dove il tessuto produttivo negli ultimi vent’anni si è indebolito, ma che conserva filiere tradizionali ricche di creatività (dall’agricoltura all’artigianato), l’investimento nel turismo può essere un elemento di rigenerazione territoriale. La difficoltà di accesso al credito dovrebbe essere superata con un ricorso più puntuale e specifico ai finanziamenti europei, nazionali e regionali, che permetterebbe di far crescere le attività turistiche e le filiere.

Valorizzare singole aree fragili del Paese attraverso la leva turistica, infine, permetterebbe di arginare fenomeni come l’emigrazione giovanile, offrendo alle nuove generazioni opportunità formative e professionali che contrastino la desertificazione sociale. I territori di cui stiamo parlando sono ricchi di risorse ambientali, storiche e culturali, ma restano segnati da squilibri strutturali profondi. Eppure, proprio laddove è più alta la fragilità, occorre investire maggiormente in innovazione sociale e sperimentare nuovi soluzioni di sviluppo: le aree interne, per le loro caratteristiche paesaggistiche e identitarie, offrono condizioni favorevoli alla costruzione di un turismo alternativo e sostenibile, rispetto alle destinazioni più rinomante e di massa.

I cammini, il turismo naturalistico, quello culturale e gastronomico rappresentano settori già attivi, che vanno ulteriormente valorizzati. Solo una lettura attenta delle cause profonde del declino dei territori fragili può fornire gli strumenti per immaginare interventi non episodici, ma coerenti e duraturi, capaci di rilanciare lo sviluppo dell’Italia interna.