
Il gas dell’Adriatico se lo prendono croati e albanesi

25 Luglio 2022
Il mare Adriatico ha importanti giacimenti e riserve di idrocarburi. L‘Albania ha dato via libera alla Shell con una produzione stimata intorno ai 50mila barili al giorno, ma potrebbe essere molto di più. Edi Rama, primo ministro albanese che preme da tempo per un’ingresso nell’Ue, ragiona da pragmatico. “È un evento che avrà un grande impatto non solo sul futuro del nostro Paese, ma sul futuro dell’energia in Europa”, ha detto a proposito degli investimenti di Shell nel suo Paese.
L’Italia non dimostra di avere lo stesso pragmatismo. Nel corso degli ultimi decenni ha progressivamente ridotto lo sfruttamento degli idrocarburi in Adriatico. Ostaggio dei no-triv e dei comitati ambientalisti contrari alle trivellazioni offshore, ha perso invece di guadagnare nuovi investitori stranieri. È sufficiente ricordare il caso della piattaforma Ombrina Mare. Il sostegno del Movimento 5 Stelle in Parlamento e del fronte degli amministratori locali ostili alle trivellazioni nel corso del tempo ha rafforzato movimenti minoritari come i No-triv.
Va ricordato anche il blocco imposto dal governo Conte 1 alle piattaforme di ricerca nelle nostre acque territoriali, che ha aumentato la dipendenza energetica dell’Italia dall’estero. E adesso, nonostante le priorità imposte dalla guerra di Putin alla diversificazione del fabbisogno, c’è il rischio che i due rigassificatori di Piombino e Ravenna non si facciano o si facciano troppo tardi. Mentre un totale immobilismo regna nello sfruttamento delle risorse in Adriatico. Così Albania e Croazia sfruttano i giacimenti nell’area al posto nostro. E la cattiva coscienza dei fan italiani di Greta è salva.