Il Papa in Congo

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Il Papa in Congo

Il Papa in Congo

Un machete deposto sotto il crocifisso nel salone bianco della nunziatura apostolica di Kinshasa, capitale del Congo. Lo ha poggiato a terra con gesti lenti, lo sguardo assente. Ladislas karbas le kombi. In silenzio. Sotto lo sguardo del pontefice della Chiesa cattolica di Roma, Papa Francesco, durante la sua visita, la quarantesima visita internazionale, stavolta in questo grande Paese del centro Africa. La giovane ha così deposto la terribile arma del machete con cui ha visto uccidere suo padre da gruppi armati nell’est della nazione africana. Nell’aria è sembrata aleggiare la scritta: “Questo è il Congo”.

Un Paese ricco di tanti minerali ma tra i più poveri del mondo. Ricco di contraddizioni ma anche di sfruttamento di tanti decenni passati. Fatto di violenza, ricco di ingiustizie. Due parole che ancora oggi fanno parte del Congo. Il Papa di Roma ha osservato, ha abbassato la testa in un segno di sofferenza poi ha detto: “Non ci sono parole, c’è solo da pregare”. Eppure il Papa di parole, frasi significative, pesanti, ne ha pronunciate appena messo piedi nella capitale Kinshasa.

“Non bisogna permettere a nessuno che questo Paese sia una immensa miniera da sfruttare Non bisogna sfruttare gli abitanti del Congo”. Un chiaro riferimento alle tante attività delle multinazionali dei Paesi più ricchi e potenti che hanno la possibilità di far propri i tanti minerali presenti nella repubblica democratica africana. Rame, uranio e nelle regioni del sud oro, tanto oro. E, Cobalto e Coltan invece nel Nord del paese.

Cobalto e Coltan che sono indispensabili per la produzione di computer, cellulari i mezzi per i potenti mezzi di comunicazioni a livello planetario. E, la condizioni di vita lavorativa di chi estrae questi metalli? Basta un dato, la maggior parte di questi lavoratori sono bambini. Bambini nel nostro mondo ma in Congo essere umani di 8, 10 anni. In condizioni di lavoro che si fa fatica ad immaginare. Bambini che devono mangiare, sopravvivere ed ecco dunque obbligati a qualsiasi condizioni di lavoro. Ecco a cosa si riferisca Papa Francesco.

Ancora le sue parole: “Non lasciatevi manipolare da individui che cercano di servirsi di voi per mantenere il vostro paese nella spirale della violenza e della instabilità così da continuare a controllarlo”. E, poi, l’appello di “vincere il male con il bene”. Davanti a lui migliaia di giovani allo stadio dei martiri con i loro catechisti. Prima di incontrare il primo ministro della Repubblica democratica del Congo Jean-Michel Sama Lukonde.

Un Paese, il Congo, è bene ricordarlo, immenso, di quasi cento milioni di abitanti. Situato in Centro Africa che rappresenta uno spaccato dei mali del colonialismo. Su cui si gioca oggi una partita decisiva sul futuro di tutto il continente africano. Un intenso programma quello del Papa che lo vedrà trasferirsi nella cattedrale di Notre Dame du Congo per un incontro di preghiera con i sacerdoti, i diaconi, i religiosi e le religiose e i seminaristi. Poi un nuovo incontro con i confratelli della compagnia di Gesù anche questo presso la nunziatura e in forma privata.

La storia del Congo viaggia, ha viaggiato insieme con la religione cattolica portata qui dagli europei come la lingua francese. Lingua ufficiale di questo Paese africano. I primi europei arrivati qui erano colonialisti cattolici ed oggi un pontefice partito in aereo da Roma sbarca nella capitale Kinshasa per lanciare un forte appello che merita di essere ascoltato: “Giù le mani dalla Repubblica Democratica del Congo, giù le mani dall’Africa. Basta soffocare l’Africa non è una miniera da sfruttare o un suolo da saccheggiare.

E’ tragico che questi luoghi e più in generale il continente africano soffrano varie forme di sfruttamento. Dopo quello politico e il colonialismo economico altrettanto schiavizzante, così che un Paese ampiamente depredato non riesce a beneficiare delle sue immense ricchezze”. E’ il papa cattolico, partito da Roma a dirlo. “L’Africa sia protagonista del suo destino il mondo. Faccia memoria dei disastri compiuti lungo i secoli a danno delle popolazioni locali e non dimentichi questo Paese e questo Continente. L’Africa , sorriso e speranze del mondo, conti di più, se ne parli maggiormente, abbia più peso e rappresentanza tra le nazioni”.

Parole di un leader religioso? Forse. Ma anche di una guida politica oltre che spirituale. Il tutto racchiuso nella frase: “Rispetto delle persone. Dignità degli essere umani”. Viene da pensare che nonostante i drammatici errori fatti dal mondo europeo, il cammino fatto nella storia da Paesi del Vecchio continente sia da tener presente. In un’epoca di globalizzazioni un vecchio Papa, nel gennaio del 2023 si rivolge ai giovani nello stadio di Kinshasa per dire: “I giovani sono diamanti più preziosi, non siano sfruttati e violati”. Il pontefice dimostra di sapere perfettamente che cosa sta avvenendo nel continente africano.

Lo sfruttamente di risorse non si fermerà. Il mondo moderno ha sempre più bisogno di quei minerali. L’immenso stato comunista cinese è sceso in campo per lo sfruttamento di quelle risorse. Sostituendo in varie nazioni del continente le multinazionali americane ed europee. La voglia di controllare il mondo a livello economico è molto forte. Al di là di quei valori che parlano di rispetto delle persone, democrazia, dignità. Basta trovare i leader giusti in Africa e il gioco è fatto.

Quella del Papa assomiglia quasi ad una sfida. Conciliare le necessità economiche con il rispetto della dignità umana. La grande sfida dei nostri giorni. Certo Papa Francesco alla fine non è un capo di stato. Il dittatore comunista della decaduta Unione sovietica Stalin parlava del pontefice dell’epoca della seconda guerra mondiale affermando: “il Papa può parlare quanto vuole ma non possiede nessuna divisione militare”. Alias non conta nulla. Dimostrando una totale miopia, come la storia ha poi dimostrato. Il comunismo praticamente non esiste più, se non nei libri di Storia.

La fede cattolica è ancora lì con tutti i suoi errori, è un potente punto di riferimento, verrebbe da dire anche senza divisioni militari. Certo, tornando, ai nostri giorni il racconto del viaggio del Papa in Congo è sicuramente marginale da parte dei potenziali mezzi d’informazione. Come dire non fa notizia. Incapacità, ignoranza. Non riuscire a vedere le migliaia se non i milioni di persone che fanno al passaggio di Bergoglio lungo la strada dall’aeroporto della capitale del Congo verso lo stadio la dice lunga sul corretto utilizzo di televisioni, siti web e giornali. Ma tant’è.

Una volta si diceva qual è la notizia. Un papa che va in uno dei piu grandi paesi africani parla di valori cattolici, non solo, ma anche di principi alla base del nostro vivere forse è una notizia. Il mondo cambia, bisogna saperlo capire e interpretare. Anche in un pianeta distratto da tanti problemi. Inflazione, covid. Guerre. I giovani del Congo, il futuro di quel paese, hanno voluto nel loro incontro con Papa raccontargli le atrocità che hanno subito, violenze di ogni genere. Uccisioni. Qualcosa da far rabbrividire. Eppure l’hanno fatto. Minuti di angoscia infinita prima di inginocchiarsi e pregare insieme con il papa venuto da loro a trovare insieme con lui le giuste parole di fede e speranza. E, forse questa è una notizia.