Il punto sulla disoccupazione femminile in Italia
07 Ottobre 2024
La disoccupazione femminile in Italia resta uno dei problemi cruciali per l’inclusione lavorativa e la crescita economica sostenibile. I dati emersi nell’anno corrente tracciano un quadro preoccupante: nel quarto trimestre del 2023, il tasso di disoccupazione femminile ha raggiunto l’8,7% a livello nazionale, mentre nel Sud della penisola arriva a sfiorare il 16%.
Inoltre, il Labour Slack, che misura la mancata partecipazione al mercato del lavoro includendo disoccupati, scoraggiati e sotto-occupati, rivela che il 24,8% delle donne italiane è esclusa dal mercato del lavoro. Nel Mezzogiorno, i numeri sono ancor più allarmanti, con le grandi regioni meridionali che registrano tassi superiori al 45%.
Un aspetto chiave che contribuisce a questa disparità è la scelta delle materie di studio. Nonostante le STEM (scienze, tecnologia, ingegneria e matematica) siano settori con una crescente domanda di lavoro e migliori prospettive occupazionali, le donne restano sottorappresentate. La maggioranza continua a preferire percorsi umanistici e sociali, che, seppur validi, offrono minori sbocchi lavorativi rispetto ai settori tecnologici e scientifici. Questa disparità si traduce inevitabilmente in un gap di competenze che, in un mercato del lavoro sempre più dominato dalla tecnologia e dall’innovazione, accentua ulteriormente il divario di genere.
Affrontare questa criticità richiede un approccio integrato e sistemico. Le università devono giocare un ruolo più attivo, incentivando l’accesso delle donne ai corsi STEM con borse di studio, programmi di mentoring e progetti che mostrino le potenzialità concrete di queste materie. Un esempio di questo approccio è stato ben delineato nella ricerca “Per una Primavera demografica”. Il lavoro svolto dalla Fondazione Magna Carta, evidenzia chiaramente il valore aggiunto dell’occupazione femminile nei settori ad alto contenuto tecnologico, non solo in termini di equità sociale ma anche di competitività globale.
Il governo italiano ha già iniziato un percorso con iniziative concrete. Il Ministero della Famiglia e il Ministero dell’Economia puntano su approcci che incentivano le donne a intraprendere percorsi di studio diversificati. Nella prossima manovra economica, si prevede l’introduzione di nuovi fondi per borse di studio destinate a ragazze nelle discipline fino ad ora elencate e l’ampliamento di progetti di orientamento nelle scuole superiori. Parallelamente, per incentivare il welfare aziendale, occorre rafforzare ulteriormente le misure fiscali che premiano chi investe su politiche di flessibilità lavorativa, congedi parentali e supporti alla genitorialità.
Un altro aspetto cruciale è la conciliazione tra lavoro e vita familiare. Troppe donne si trovano ancora oggi costrette a scegliere tra la carriera e la maternità. Qui entra in gioco il ruolo chiave delle aziende, che possono fare la differenza offrendo piani di welfare aziendale ben strutturati. Servizi come asili nido diffusi, flessibilità oraria, congedi parentali più inclusivi e misure per il rientro graduale al lavoro dopo la maternità sono essenziali per permettere alle lavoratrici di gestire al meglio entrambe le sfere della vita. Investire su un sistema che favorisca la conciliazione vita-lavoro non è solo un atto di giustizia sociale, ma anche una strategia vincente per migliorare la produttività e la fidelizzazione delle risorse umane.
Garantire che uomini e donne abbiano pari opportunità di contribuire al progresso economico e sociale del Paese è essenziale. Non si tratta di favorire un genere rispetto all’altro, ma di valorizzare le competenze di tutti, indipendentemente dal sesso. Il futuro appartiene a chi saprà cogliere le possibilità e affrontare le sfide con capacità e ambizione. È tempo di lavorare insieme, Stato e imprese, per una vera equità, dove merito e competenze siano i soli fattori determinanti.