
L’inverno demografico è un cappio al collo dell’Italia

09 Luglio 2022
C’è un tema di cui quasi nessuno parla, anche quelli che dicono di richiamarsi ai valori della famiglia: l’inverno demografico. A livello pubblico è un tema quasi sconosciuto. Eppure, le cose da fare ci sarebbero.
Combattere l’inverno demografico
Imbastire un sistema di politiche attive, come i paesi del nord Europa fanno da un ventennio, è il minimo sindacale. Inoltre, un’economia dinamica permette ai giovani di avere più sicurezza anche in un mondo che cambia sempre più velocemente. Invece, in Italia il debito pubblico corre, la produttività stagna, le tasse sono troppo alte. L’emblema di questo modo di ragionare è il reddito di cittadinanza, intoccabile anche se tutti sanno che la componente di politiche attive è fallimentare. Di tutto questo, nel PNRR c’è davvero troppo poco.
Ma perché proprio ora questo discorso? Innanzitutto, perché dobbiamo abituarci a considerarlo un tema su cui il dibattito pubblico si sofferma ogni giorno. Come i rincari energetici e la riforma della giustizia, tanto per fare due esempi, è un tema da cui dipende il nostro futuro e, soprattutto, quello delle nuove generazioni. In secondo luogo, i dati Istat appena pubblicati tratteggiano uno scenario che dovrebbe preoccupare i decisori pubblici.
I dati Istat che fanno preoccupare
La pandemia ha avuto un impatto dirompente su tutte le componenti della dinamica demografica. Insieme all’elevato tasso di mortalità del 2020, abbiamo visto dimezzarsi i matrimoni e contrarsi i movimenti migratori. Nel corso dell’anno successivo, abbiamo fatto registrare un conseguente calo delle nascite. Un vero e proprio inverno demografico.
Le dinamiche dell’inverno demografico
Tra l’inizio dello sciagurato 2020 e la fine del 2021, la perdita di popolazione ascrivibile alla dinamica demografica negativa è stata pari a 658mila residenti. È un risultato allarmante se confrontato con il biennio 2018-2019, in cui questo deficit era circa la metà: -296mila.
Nel 2020, la contrazione del numero di matrimoni, dovuta alle misure di contenimento della pandemia, è stata drastica. Basandosi su dati provvisori, l’anno dopo la quota di matrimoni è raddoppiata e la crescita è perseguita nel primo trimestre del 2022. Le nascite, anno segnare ancora -12% in quel lasso di tempo. invece, Tuttavia, i livelli del 2019 non sono ancora stati raggiunti.
L’indice di vecchiaia, che indica il rapporto tra over65 e under15, è pari al 187,9%. Rispetto a 20 anni fa, è un dato più alto del 56% e, ahinoi, si prevede che cresca si raddoppi nel corso dei prossimi vent’anni. È chiaro a chiunque che il sistema pensionistico e il sistema sanitario, rebus sic stantibus, non potrano reggere questi cambiamenti e la politica non potrà ignorare all’infinito questo inverno demografico.
Le dinamiche del mercato del lavoro dopo la pandemia
Queste dinamiche hanno causato un ulteriore ampliamento del divario dell’Italia rispetto alla media dell’Unione Europea per quanto concerne i principali indicatori del mercato del lavoro. Il tasso di occupazione dei 15-64enni si è attestato al 58,2%, circa 10,2 punti percentuali in meno della media europea e pin peggioramento dell’1,1% rispetto al 2019.
Il costo pagato dalle donne è stato, come sempre, più elevato in Italia che nel resto degli Stati membri. Le occupate sono diminuite di circa 376mila unità nel 2020, facendo così registrare una decrescita del 3,8% rispetto a tre anni fa. L’impatto di genere, invece, è stato mediamente più omogeneo nelle principali economie dei ventisette Paesi europei. Nonostante la ripresa sia stata più favorevole per le donne, anche perché partivano da una situazione di svantaggio, il tasso di occupazione femminile non ha ancora recuperato i livelli del 2019, è al 49,4%.
Ora anche i dati Istat certificano una consapevolezza già diffusa nella popolazione. L’altro segmento particolarmente colpito dalla pandemia è stato quello dei giovani. A livello europeo, il calo di occupati tra gli under25 è stato quasi triplo rispetto a quello della fascia d’età 25-54 anni. Parliamo del -6,1% contro -il 2,3%. Anche in questo caso, l’Italia offre una delle performance peggiori: – 9,6%. Anche il tasso di occupazione dei giovani del 2021 non è particolarmente buono. La crescita dello 0,9% è la più esigua tra tutti i Paesi europei.