La settimana lavorativa corta può far bene alla produttività ma non è per tutti
26 Gennaio 2023
Il tema della settimana lavorativa “corta”, tra realtà e utopia, sta assumendo rilevanza nell’agenda pubblica. Soprattutto a livello internazionale. Sono almeno 18 i Paesi le cui imprese hanno iniziato a sperimentare la settimana lavorativa di 4 giorni. Una scelta nata sotto la spinta della pandemia, del fenomeno delle dimissioni di massa e della cronica carenza di personale. La letteratura in materia vuole che, senza toccare i livelli di retribuzione, la produttività individuale aumenti al diminuire dei giorni settimanali di lavoro.
In Europa, le statistiche elaborate dall’Ocse paiono confermare il dato. I Paesi nei quali si dedicano più ore al lavoro hanno tassi di produttività più bassi. L’Italia rientra in questo girone dei “rimandati”, insieme con Grecia e Portogallo. Al contrario, la virtuosa Europa del Nord, ben rappresentata da Germania, Danimarca, Svizzera tra gli altri, fa lavorare i propri dipendenti meno ore l’anno ma con una produttività decisamente migliore.
Lavorare 4 giorni alla settimana consente alle persone di lasciare agli impegni privati uno spazio che altrimenti finirebbe schiacciato nell’ambito di un comune giorno di lavoro, tra ufficio e riunioni. L’esperimento sembra quindi poter funzionare, sia per le aziende che per i lavoratori, ma la realtà, soprattutto in alcuni ambiti specifici, è diversa.
La settimana lavorativa corta non è applicabile con lo stesso successo a tutti gli ambiti produttivi e professionali. Le aziende che, in Europa e nel mondo, si stanno impegnando in questa sperimentazione operano prevalentemente nel settore tech, consulenziale, amministrativo. Lavori d’ufficio che consentono una certa flessibilità senza intaccare la produttività.
Immaginare però di applicare lo stesso modello a sistemi produttivi che operano nell’ambito, per esempio, di catene di approvvigionamento interconnesse può creare enormi criticità.
L’applicazione della settimana “corta” potrebbe risultare ancora più problematica in tutti quei settori di interesse pubblico, dai trasporti alla sanità, nei quali, per ovviare alla riduzione delle ore di lavoro, si dovrebbe procedere all’assunzione di più personale, con un aumento insostenibile dei costi.