L’inflazione morde gli USA, Biden trema per le elezioni

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L’inflazione morde gli USA, Biden trema per le elezioni

L’inflazione morde gli USA, Biden trema per le elezioni

14 Luglio 2022

L’inflazione negli USA è tornata a livelli record. A giugno, infatti, ha raggiunto il 9,1%, raggiungendo il valore più altro degli ultimi quarant’anni. Era dal novembre del 1981 che non si raggiungeva un livello simile. Così, le Borse sono gelate e l’euro sta raggiungendo la parità con il dollaro per la prima volta dal 2002.

Biden in difficoltà prima delle elezioni di midterm

Biden, che ieri ha incontrato Bennett a Tel Aviv, si trova con un problema non da poco in vista delle elezioni di midterm. I livelli raggiunti per Biden sono inaccettabili, allo stesso tempo prova a fornire qualche rassicurazione.

Secondo il Presidente Usa, la rilevazione di giugno è “obsoleta” visto che, rispetto ad allora, sono scesi i prezzi di energia e benzina, ovvero i più grandi responsabili dell’aumento del costo della vita. La lotta all’inflazione “resta la mia priorità. Dobbiamo fare di più e più rapidamente”, ha annunciato Biden. Certo è che non sarà facile convincere gli americani.

Negli USA aumentano i prezzi

L’aumento dei prezzi negli Stati Uniti è generalizzato, più di quanto lo sia in Europa.

I prezzi dell’energia sono infatti cresciuti del 7,5% rispetto al mese precedente e del 41,6% rispetto a un anno fa. I prezzi dei generi alimentati, invece, si sono alzati dell’1% rispetto a maggio 2022 e del 10,4% rispetto a giugno 2021. In questo ambito è l’aumento più cospicuo sin dal 1981. Anche i prezzi degli affitti delle case sono cresciuti: +0,8% rispetto a un mese fa.

La politica monetaria della Fed

La palla ora passa alla Fed. Mentre quasi tutti danno per scontato un aumento di 75 punti base entro la fine di luglio, si fanno largo scenari ancora più pesanti. In ogni caso, il problema sembra essere la conciliazione con la ripresa economica che, a questo punto, subirà certamente un rallentamento. Secondo il Fondo Monetario Internazionale, la stima di crescita del pil statunitense è da correggere: da +2,9% a +2,3%.

Lo spettro della recessione, in ogni caso, incombe. Kristalina Georgieva, direttore generale del Fmi, che sottolinea l’importanza di “fare il possibile per far calare i prezzi”. “Molte banche centrali dovranno continuare con strette decise della loro politica monetaria. Agire ora sarà meno doloroso che agire più avanti”, conclude Georgieva.