L’Italia ha fame di rinnovabili ma burocrazia e popolo dei NO bloccano tutto
11 Maggio 2022
Il carbone va abbandonato, è inquinante: va bene, e per l’Italia non è neppure una grossa perdita perché le centrali sono poche e in fase di dismissione. Ma finché c’è la guerra in Ucraina e i rifornimenti scarseggiano, usiamolo. Il petrolio, indubbiamente, non sarebbe una scelta lungimirante visto che il futuro dell’automobile è elettrico. Ma siccome ne abbiamo, in Adriatico e in Basilicata, sfruttimolo come fanno Grecia e Croazia. L’elettricità, d’altra parte, va prodotta: e neppure il metano, sostiene il popolo dei No a tutto, è adatto, perché climalterante.
Restano le rinnovabili: benissimo, il presidente del consiglio Draghi dice che dobbiamo fare investimenti più forti sulle rinnovabili. Ci sono esempi virtuosi in Europa, ma tutto questo sarà difficile realizzarlo in un Paese dove le regioni sono ostaggio degli egoismi dei comitati locali sempre pronti a dire no a tutto, dove ci sono voluti anni prima che un sindaco si decidesse a proporre di costruire in termovalorizzatore in grado di creare energia dai rifiuti a Roma, un Paese dove la burocrazia ostacola gli investimenti.
Blocca, sarebbe il termine giusto. Come lo sono le autorizzazioni per i 1400 progetti per l’eolico e il fotovoltaico ancora al palo. Centrare gli obiettivi della transizione energetica significa installare entro i prossimi dieci anni 80 GW di rinnovabili. A Terna sono pervenute nel 2021 richieste di autorizzazione per impianti eolici e solari sulla terraferma (on shore) pari a 130 GW e 22,7 GW di richieste per pale eoliche da mettere in mare (off shore). E nella maggior parte dei casi ha già dato il parere positivo per l’allacciamento alla rete elettrica.
Cosa vuole il popolo dei NO?
Tuttavia, quando bisogna parlare di autorizzazioni da parte delle regioni e delle sovrintendenze e valutazioni di impatto ambientale, il meccanismo si inceppa. E dai sei mesi previsti dalla normativa per dare il via libera a un impianto eolico si arriva intorno ai cinque anni. Lo dice, in un recente rapporto, Legambiente. La stessa associazione troppo spesso a fianco dei comitati Nimby, quel popolo dei va bene l’energia pulita: ma non vicino a casa mia. Perché le pale eoliche sono brutte da vedere, perché i pannelli fotovoltaici rovinano il paesaggio. Perché per loro l’energia è qualcosa che non serve.
Se poi non si demonizzasse il metano, meno inquinante di carbone e petrolio, e si tornasse ad esplorare giacimenti di gas, forse la situazione energetica italiana non sarebbe così disastrosa. Invece, siamo costretti a colmare il fabbisogno comprando energia dalla Francia, che ogni anno guadagna complessivamente 3 miliardi di euro con l’export di elettricità. Per non contribuire, però, all’impiego del malvagio nucleare, forse sarebbe meglio spingere a mano gli aratri.