
Manovra, Pnrr, caro bollette. La “via stretta” di Meloni e Giorgetti

23 Ottobre 2022
Caro bollette, energia, manovra, Pnrr, Mes, partecipate, pensioni. Con la recessione annunciata e il fiato sul collo dell’Europa. Il Governo Meloni ha un orizzonte chiaro ma la strada, manco a dirlo, è stretta. Da una parte i vincoli di finanza pubblica, dall’altra le opportunità di crescita.
La tabella di marcia di Giorgetti
60 miliardi di euro sono in ballo nei prossimi mesi, con una tabella di marcia ravvicinata da rispettare per il ministro dell’economia Giorgetti.
Ieri il commissario europeo all’economia Gentiloni non ha lasciato aperti molti spiragli. L’Italia, ha detto Gentiloni, deve rispettare i tempi del Pnrr e non perdersi l’enorme quantità di risorse economiche del Recovery. Il Pnrr non va modificato, ha aggiunto Gentiloni.
Anche perché è su questo impianto che potremmo godere di uno scudo della Bce casomai spread e speculazione dovessero rialzare la testa.
I 200 miliardi del Pnrr sono fondamentali sull’orizzonte lungo della ripresa, della crescita e per far ripartire quindi l’occupazione.
Provvedimenti contro caro energia
Poi c’è la partita da chiudere subito sui provvedimenti di sostegno a imprese e famiglie per il caro energia. Una copertura a brevissimo termine l’ha lasciata in eredità Draghi. Il Governo dovrà trovare almeno 20 miliardi per gli Aiuti (Ter e Quater) da qui alla fine del primo trimestre 2023.
L’altro capitolo di spesa è quello della manovra. Il Governo dovrebbe presentare la manovra entro due settimane in Europa. Le prossime mosse di Giorgetti faranno capire se la spesa pubblica verrà tenuta sotto controllo o andiamo verso lo scostamento di bilancio invocato in campagna elettorale da Salvini.
Il deficit per il 2023 viene stimato intorno al 3,4%. Qui dei margini di ritocco ci sono ma il problema è capire quanto debito continueremo ad accumulare se nell’anno a venire faremo meno Pil.
Il nodo delle coperture
Il tema dunque come sempre sono le coperture. Si può intervenire sul reddito di cittadinanza, che, da solo, costa 11 miliardi di euro. Andarci cauti sulle pensioni, perché la sola rivalutazione degli assegni costa tra 8 e 10 miliardi. Quindi perlomeno sul breve periodo appare difficilmente praticabile l’Opzione uomo per mandare in pensione a 58 anni.
Mentre bisogna rifinanziare il taglio del cuneo fiscale già in vigore, che costa altri 4 miliardi e mezzo. Il Governo dovrà anche rinnovare i contratti della PA. Interverrà su questo capitolo di spesa? Comunque va tenuto sotto controllo. Da ultimo, non per importanza, il nodo delle partecipate.
Mps, TIM, ITA, Ilva. Le partecipate mangiano soldi pubblici. L’impressione è che venderle per recuperare risorse non sia esattamente all’ordine del giorno, neppure in questo Governo.