Pace in Ucraina, il Piano Kellogg ha il respiro corto
07 Dicembre 2024
C’è almeno un elemento nel piano per la pace in Ucraina del generale in pensione Kellogg sul quale si può concordare. La critica alla strategia dell’amministrazione Biden. Nel documento redatto per l’America First Policy Institute nel 2023, Kellogg accusa il presidente uscente di aver “intrappolato l’America in una guerra senza fine”. Una guerra caratterizzata dall’assenza di una strategia chiara degli Usa, e aggiungiamo, dell’Europa, per concludere il conflitto.
Gli errori di Biden
Con poco più di due mesi rimasti al suo mandato, Biden ha finalmente autorizzato l’uso dei missili tattici ATACMS sul territorio russo e, poco prima, ha permesso a contractor americani di riparare i sistemi d’arma direttamente in Ucraina, evitando i dispendiosi ‘pellegrinaggi’ verso i Paesi NATO. Gesti tardivi, considerando che l’Ucraina ha nel frattempo pagato un prezzo altissimo in vite umane e territori perduti. Kiev aspettava con ansia armi come carri armati Abrams, caccia F-16 e sistemi missilistici HIMARS. Li ha ottenuti solo dopo estenuanti deliberazioni delle cancellerie occidentali.
Pace in Ucraina, guerra congelata
Ma torniamo al piano Kellogg. L’ex consigliere per la sicurezza nazionale di Pence propone di congelare il conflitto lungo le attuali linee del fronte. Questo vuol dire lasciare all’invasore russo circa un quinto del territorio ucraino. In cambio, Kiev otterrebbe garanzie di sicurezza e promesse di un futuro ingresso nella NATO, ma solo a tempo debito. Intanto, le sanzioni contro Mosca potrebbero essere parzialmente revocate per “incentivare la pace”.
La proposta, presentata come pragmatica e negoziale, suona però pericolosamente simile a una vittoria diplomatica per Putin. Congelare il conflitto senza affrontare il nodo del regime russo rischia infatti di rafforzare il Cremlino. Mosca potrebbe consolidare il controllo sui territori occupati e presentarsi come vincitrice agli occhi della propria opinione pubblica.
Il bluff, riuscito, di Putin
La cautela dell’amministrazione Biden, comprensibile nelle fasi iniziali della guerra, oggi mostra tutti i suoi limiti. Nel 2022, il timore che Putin potesse ricorrere al nucleare giustificava una strategia più moderata, ma l’assenza di escalation atomica anche dopo le sconfitte russe di Kharkiv e Kherson ha dimostrato che i “paletti” russi erano, forse, solo bluff. Eppure, Biden ha continuato a muoversi con lentezza esasperante. Lasciando l’Ucraina a combattere una guerra di logoramento contro un nemico numericamente superiore.
Nel frattempo, le truppe russe avanzano nel Donbass verso la città di Pokrovsk, nodo logistico cruciale per la difesa dell’est. L’avanzata russa ha un prezzo catastrofico. Secondo l’ammiraglio britannico Tony Radakin, ottobre è stato il mese più sanguinoso per la Russia dall’inizio del conflitto, con decine di migliaia di soldati uccisi o feriti ogni mese. Kiev non può ignorare questa situazione, mentre i suoi alleati discutono sulle linee rosse e le tempistiche della pace, eventuale.
C’era una volta il cambio di regime
Il piano di congelamento del conflitto del generale Kellogg non affronta il nodo cruciale degli ultimi dieci, quindici anni: la deriva sempre più autoritaria del regime di Vladimir Putin. Concedere tregue senza affrontare le dinamiche interne della Russia — dal dissenso politico al ruolo delle élite economiche o delle strutture della forza — significa rinunciare a una soluzione duratura.
Inoltre, molti alleati NATO, soprattutto in Europa dell’Est, vedono la sopravvivenza di Putin come una minaccia esistenziale. La proposta di Kellogg rischia quindi di alienare questi Paesi, dividendo ulteriormente il fronte occidentale.
Le mosse di Trump
Resta da vedere se il presidente eletto Donald Trump adotterà il piano di Kellogg. Trump ha promesso di risolvere la crisi in 24 ore — una dichiarazione che, ironia a parte, pare più una trovata elettorale che una reale strategia diplomatica. Ciò che è certo è che il conflitto in Ucraina continuerà a testare non solo la leadership americana, ma anche la tenuta delle alleanze internazionali e la resistenza di Kiev.
Una pace congelata potrebbe sembrare un compromesso accettabile. Ma il gelo politico che ne deriverebbe rischia di alimentare nuove tempeste.