Quando l’Occidente ha gettato le basi delle libertà civili

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Quando l’Occidente ha gettato le basi delle libertà civili

Quando l’Occidente ha gettato le basi delle libertà civili

30 Marzo 2025

Un’analisi della Costituzione britannica, già iniziata con la riassuntiva spiegazione di uno dei suoi documenti più importanti, la Magna Charta Libertatum, non può prescindere da un dato di fatto che differenzia la costituzione inglese da altre carte costituzionali europee, come la nostra: la costituzione inglese non è una costituzione scritta. Sono i processi storici secolari che l’hanno concretizzata in vari documenti scritti, convenzioni, usi e consuetudini. Documenti che hanno impresso all’ossatura costituzionale britannica un’impronta particolare, unica, caratteristica propria della monarchia costituzionale inglese.

Un viaggio all’interno di questi documenti succedutisi e accumulatisi nei secoli sino a creare una Costituzione non scritta ma fondata sulla stratificazione di tali carte giuridiche, deve necessariamente affrontare ed esporre significati e contenuti dei documenti costituzionali britannici più importanti che hanno segnato, dal 1200 in poi, la storia giuridica pubblica e privata del Regno Unito. La Magna Charta Libertatum è stato un punto d’inizio nato da una rivolta. I successivi, più rilevanti documenti costituzionali britannici in qualche modo consequenziali alla Magna Charta, sono anch’essi nati da rivolte e concessioni dei sovrani inglesi, in momenti storici differenti.

Gli strati della popolazione che, progressivamente, acquistavano le libertà civili, invocarono le disposizioni di questi documenti allo scopo di consacrare e legittimare giuridicamente la propria libertà conquistata. Questo è stato il meccanismo giuridico popolare determinato dalla Magna Charta e dei successivi e più importanti documenti della storia costituzionale inglese: l’Atto di Habeas Corpus(1679) e l’Atto dei Diritti(1688). Un’analisi della Magna Charta inglese concessa nel 1215 non può prescindere da un discorso su questi due atti, che la completano.

L’Atto di Habeas Corpus(1679) e l’Atto dei Diritti(1688) seguono giuridicamente la Magna Charta Libertatum ma appartengono ad epoche assai posteriori e differenti, nascono in contesti lontani da quello che determinò la Grande Carta delle Libertà. L’Habeas Corpus Act fu una legge votata dal Parlamento inglese il 31 maggio 1679 e ratificata dal re Carlo II: siamo nel XVII secolo, quattro secoli dopo la Magna Charta; Carlo II è figlio di quel Carlo I Stuart che fu decapitato dinnanzi alla residenza reale il 30 gennaio 1649, determinando così la nascita della Repubblica di Cromwell.

Anche l’Atto di Habeas Corpus è parte integrante della Costituzione britannica ed è scevro di dottrinarismo o innesti illuministici. La sua principale funzione, che dà ragione alla locuzione stessa della Carta, fu quella di impedire la detenzione arbitraria ed illegale dei cittadini. L’art. 2 della Carta stabilisce infatti che chiunque sia imprigionato o detenuto per delitti che non siano di tradimento o fellonia, ha diritto di chiedere e ottenere un’ordinanza(“writ”) di Habeas Corpus, cioè di liberazione, dietro versamento di una cauzione, il cui ammontare deve essere valutato avuto riguardo alle condizioni dell’imputato(art. 3).

Sulla presentazione di tale ordinanza, tutti gli ufficiali, carcerieri, sceriffi sono tenuti a provvedere entro un termine stabilito(variabile in rapporto alla distanza dal luogo dell’imprigionamento a quello della Corte) alla liberazione del detenuto. Gravi ammende sono comminate a quelli ufficiali o giudici che non ottemperino all’ordinanza di Habeas Corpus(art. 4) o che traggano in arresto una persona che né è munita, salvo che per ordine del magistrato avanti al quale l’imputato deve comparire (art. 5). Negli articoli successivi sono sanzionati divieti relativi a trasferimenti di detenuti che l’atto de quo dichiara arbitrari, se fatti al di fuori delle ipotesi tassativamente previste(art. 8 e 11).

Alla luce di questi contenuti ben rivolti alla tutela della libertà dell’individuo contro gli abusi dello Stato, l’Atto di Habeas Corpus dà ragione del suo titolo alla necessità, divenuta allora storicamente e giuridicamente improrogabile, che ci si potesse appellare al giudice contro una detenzione ingiusta o ingiustificata: ne è così derivato il principio basilare dei tempi moderni della necessità della legalità della detenzione.
Come già segnalato per la Magna Charta Libertatum, anche per l’Atto di Habeas Corpus e il successivo Atto dei Diritti valgono gli stessi principi costituzionali che fanno dell’Habeas Corpus Act una parte integrante della Costituzione britannica la quale non consiste in un unico atto o “Carta” del tipo continentale, ma è un corpus che si sviluppa storicamente e si arricchisce mano a mano che un privilegio conquistato assurge a valore di libertà individuale. ù

In questo documento moderno ante litteram e, come anticipato, pur scevro di impronte illuministiche, è già affermato sia pure in forma non esplicita, uno dei principi cardine delle legislazioni moderne cioè la distinzione del potere giudiziario da quello esecutivo. Siamo quindi di fronte ad una Carta anticipatrice di conquiste giuridiche che l’Europa continentale raggiungerà più avanti, sotto l’egida travolgente delle dottrine illuministiche settecentesche. A questo riguardo, il principio della separazione dei poteri nacque con l’Atto di Habeas Corpus non da esigenza di dottrina, ma dall’esigenza di un popolo civile che insorge contro gli abusi insiti negli imprigionamenti a puro scopo di polizia.

L’Atto di Habeas Corpus, inoltre, concerne un altro importante settore del diritto pubblico, cioè il diritto processuale penale perché, per la prima volta nella storia civile d’Europa, pose il principio della libertà personale dell’imputato sancendo di fatto un principio anteriore e ancora più rilevante, quello dell’ inviolabilità personale, di cui regola tuttora le garanzie.

L’incipit dell’Atto costituzionale britannico approvato nel 1679 è molto esplicito nel segnalare gli antichi abusi del Re e dei suoi ufficiali:
«Considerando che grandi ritardi sono stati usati dagli sceriffi, dai carcerieri e da altri ufficiali, alla cui custodia dei sudditi del Re sono stati affidati per reati o presunti reati, nel fare rescritti di ordinanze di habeas corpus a essi indirizzati, indicando uno pseudonimo e plasmando l’habeas corpus, e qualche volta di più, e con altri espedienti per evitare di obbedire a tali ordinanze, contrariamente al loro dovere e alle note leggi del paese, per la qual cosa molti dei sudditi del Re sono stati, e potrebbero in futuro, essere detenuti a lungo in prigione, in casi dove per legge essi hanno diritto alla libertà provvisoria su cauzione, con loro grande danno e vessazioni.»