Quelle imprese agricole abbandonate a se stesse
30 Agosto 2022
Dove vanno le imprese agricole italiane? Nel Lazio, Coldiretti lancia l’allarme. 50mila imprese agricole rischiano di chiudere, strozzate dal combinato disposto tra pandemia, siccità , caro bollette. È un discorso che vale per tanti altri territori del nostro Paese.
I rincari dei costi di produzione sono sempre più insopportabili. Concimi, mangimi, irrigazione, aumentano vorticosamente. Le piccole e medie aziende agricole non riescono a rientrare dei costi perché anche i prodotti di qualità , quelli che potremmo vendere con ricavi maggiori all’estero, hanno un prezzo troppo basso.
Diamo valore ai prodotti agricoli
Gli agricoltori subiscono, piuttosto che riuscire a determinare il valore dei loro prodotti. Il loro ruolo all’interno delle filiere, rispetto alla distribuzione e nel sistema più generale dell’agroalimentare è penalizzato.
Soprattutto nel mezzogiorno, la parcellizzazione del mercato agricolo, l’incapacità del mondo contadino di unirsi in una logica consortile o cooperativa, insieme all’aumento dei costi e alla svalorizzazione dei prodotti, spinge verso l’abbandono dei terreni.
I limiti di Agricoltura 4.0
Si parla molto di sviluppo sostenibile e agricoltura 4.0 ma l’innovazione, nei macchinari e nelle tecnologie agricole, rischia di essere appannaggio esclusivo delle grandi aziende agricole che se la possono permettere.
D’altro canto, nel Paese della burocrazia oppressiva e pervasiva, il nostro, costa anche una cifra assolvere alle norme e ai vincoli necessari per certificare la natura green della propria impresa. Insomma, la terra potrebbe essere la nostra ricchezza. Ma non ci impegniamo per renderlo possibile.
La terra è un bene che dovremmo conservare e tramandare alle generazioni future. Invece sembra che l’abbiamo abbandonata a se stessa. Poche le misure nel Pnrr e tanta incapacità sostanziale di usare i soldi europei per la trasformazione del nostro mercato agricolo in crisi.
Il nuovo Governo e lo sviluppo agricolo
È bene che il nuovo Governo che guiderà l’Italia dopo il 25 Settembre dedichi allo sviluppo agricolo la importanza che merita. Intervenendo sui costi di produzione delle PMI, sul caro bollette, sulla pressione fiscale, sull’Iva che insieme ai contributi previdenziali della manodopera continuano a incidere pesantemente nella creazione del valore.
Occorrono pragmatismo e buonsenso. Si possono preservare l’ambiente e la natura rinnovando il patto tra le generazioni per far crescere l’economia agricola. Per riuscirci occorre investire in un nuovo ambientalismo di mercato, rimettendo al centro i produttori, chi genera crescita e investe nella innovazione. Senza contrapporre lo sviluppo alla tutela ambientale, ma rafforzandoli vicendevolmente.