“Soli”: la poesia napoletana di Massimo Perrino

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“Soli”: la poesia napoletana di Massimo Perrino

“Soli”: la poesia napoletana di Massimo Perrino

30 Ottobre 2022

La poesia e la lingua napoletane non hanno certo bisogno di presentazioni. La tradizione letteraria partenopea infatti si è declinata in così tante sfaccettature (penso al teatro, alla canzone, al cinema, alla letteratura, alla lirica) da essersi resa semplicemente inconfondibile, ma anche riconoscibile anche al di fuori del panorama regionale, ma anche internazionale. Sarebbe superfluo nonché impossibile tessere le lodi di tutti gli innumerevoli interpreti che si sono succeduti e che hanno reso grande la cultura del capoluogo campano.

Nel corso dei decenni, lo studio e la conservazione dei dialetti regionali italiani si è andata tristemente perdendo, in favore della lingua ufficiale che certo unifica, ma che non può che appiattire le differenze linguistiche che caratterizzano il nostro Paese. Il dialetto, specie nella sua forma scritta, ha subito un generale e immeritato declassamento: sarebbe quasi impossibile pensare di veder pubblicato oggi un “Poesie a Casarsa” di pasoliniana memoria. Una triste constatazione, considerato l’enorme patrimonio umano che ogni dialetto è in grado di comunicare, persino più efficacemente dell’italiano.
È per questa ragione che accogliamo con un certo qual entusiasmo la raccolta di poesie firmate da Massimo Perrino, edita Graus Edizioni.

Perrino, giornalista ed ex portavoce della presidente del Senato, è con “Soli” alla sua seconda pubblicazione, preceduta da “Il tempo che non vola” (Graus Edizioni, 2018). La prefazione è a firma di Antonello Paolo Perillo, Vicedirettore del TGR Rai nazionale, e ne coglie appieno non solo il valore, ma anche i richiami che percorrono tutto il testo – anche in virtù di un solido rapporto d’amicizia che lega lo scrittore e il Vicedirettore.

La poesia di Perrino è come una classica canzone napoletana, che con la dolcezza del suono del suo dialetto racconta spesso di tragici eventi privati, di tumulti interiori e degli inevitabili tribolamenti per i quali tutti dobbiamo passare nella vita. L’uso del dialetto infatti ricrea efficacemente quella dimensione familiare e nostalgica come solo una lingua popolare e di pancia è in grado di fare, e che l’italiano non può restituire in tutte le sue più intime sfaccettature. I genitori, le partenze, i dolori, l’incomprensione, la nostalgia per quei personaggi del quotidiano, presenze fisse che assurgono a caratteri da commedia quasi immortali.
Nella sua poesia, Perrino (osserva giustamente Perillo) ricorre anche all’uso di anglismi, a richiamare i testi del compianto Pino Daniele, in una felice commistione di due lingue che, ognuna a modo suo, sono linguaggi universali.

Ma in “Soli” c’è spazio anche per l’ironia, per il contemporaneo e le sue stramberie, per gli amici. Per il cibo, ovviamente – e come potrebbe essere diversamente? E per il calcio, da sfegatato tifoso del Napoli, quale Perrino è: cosa, dopotutto, meglio incarna il profondo senso di fede, l’amore, il dolore e la gioia meglio del pallone Ci sarebbe molto altro da dire, conclusa la lettura di “Soli”. Ma preferiamo che i lettori si approccino alle poesie senza troppi preconcetti, con una sana dose di curiosità.