Sovranità energetica europea, la vera sfida della destra italiana
28 Settembre 2022
Non c’è dubbio che la destra italiana arriva al governo del Paese in un momento di grave difficoltà dell’economia europea. Il costo delle sanzioni imposte dall’Occidente al regime dopo la criminale invasione russa dell’Ucraina si fa e si farà sentire sempre di più con la crisi energetica globale.
Il caro bolletta minaccia famiglie e imprese. Si prevedono fino al 60 per cento di aumenti nei prossimi mesi. Gli stoccaggi nel nostro Paese sono quasi completati ma bisognerà capire che tipo di inverno vivremo per scoprire se a marzo ci sarà ancora la copertura sufficiente.
E’ improbabile che Mosca nel futuro prossimo torni a essere un fornitore per l’Europa. E in ogni caso la guerra in Ucraina ha messo in crisi quella visione ecologista fondata su obiettivi di riduzione delle emissioni inquinanti pur comprensibili ma impraticabili entro il 2050.
Le misure contro il caro energia
Il nuovo governo italiano può mantenere l’impianto delle misure già prese da Draghi nella prossima manovra da presentare a novembre, dopo le prime aperture della Ue verso l’Italia. Aiuti alle famiglie, sgravi consistenti per le imprese, abbattimento degli oneri in bolletta.
Ma la battaglia vera contro il caro energia si gioca in Europa e nelle relazioni transatlantiche. L’Italia è tra i sottoscrittori della lettera che chiede all’Europa di mettere un tetto al prezzo con cui acquistiamo gas, una decisione che si attende per ottobre. Una decisione tanto importante che qualcuno interpreta i sabotaggi delle ultime ore del gasdotto Nordstream come una reazione russa alle posizioni europee.
Nello stesso tempo, più o meno tutti i Paesi Ue chiedono deroghe a Bruxelles per affrontare i rincari. Con la differenza che alcuni, come l’Italia, debbono rispettare più di altri la logica dei vincoli di bilancio considerando l’enorme debito pubblico che abbiamo.
In questo senso, pensare di utilizzare i fondi strutturali europei per trovare subito qualche decina di miliardi in grado di sostenere famiglie e imprese, rischia di essere un terreno scivoloso. Meglio, da questo punto di vista, ricalibrare il Pnrr.
L’Italia resta al fianco dell’Ucraina
La leader della destra italiana, Giorgia Meloni, sta dando dei segnali importanti sulla collocazione geopolitica del nostro Paese rispetto alla guerra in Ucraina. Dodici ore fa ha pubblicato un tweet molto chiaro rivolto al presidente ucraino Zelensky.
C’è determinazione nel sostenere la battaglia per la libertà di Kiev, come pure Fratelli d’Italia sembra orientato a continuare a rifornire di armi il governo ucraino che si difende dalla aggressione russa. Questo può persuadere l’alleato americano che l’Italia resta schierata sul fronte ucraino insieme agli altri partner europei e della NATO. Nei fatti, non a parole.
Meloni può esercitare la sua leadership nella coalizione di centrodestra rispetto agli alleati, Salvini e Berlusconi, che si sono mostrati più aperturisti verso Mosca. In questo senso, l’Italia può rivendicare il suo ruolo nel Mediterraneo guardando a quello che sta giocando la Polonia sul fronte nordorientale, più che all’Ungheria del controverso Orban.
La Polonia, con un governo conservatore nei valori e in prima linea nel contenimento della Russia, è al momento l’alleato privilegiato degli Usa nella ‘nuova Europa’ che piace anche ai progressisti americani.
La sfida di una nuova transizione energetica
Sul fronte della transizione energetica la destra italiana può portare una posizione diversa in ambito europeo, ed è questa la vera scommessa. Occorre subito dare un segnale mettendo in sicurezza la realizzazione dei rigassificatori, autorizzando a tempo di record quello di Piombino e accelerando su quello di Ravenna.
I rigassificatori sono strategici sul breve termine per sganciarci dalle forniture energetiche russe (fino all’80 per cento entro il prossimo anno secondo l’ad di ENI). Con i rigassificatori pienamente operativi avremo gettato le basi per una nuova politica energetica che guardi ai prossimi 20 anni. “Se non arrivano i rigassificatori,” ha ammonito De Scalzi, “faremo molta più fatica”.
Poi occorre premere con Bruxelles per ricalibrare gli obiettivi del Piano nazionale di ripresa e resilienza alla luce della crisi congiunturale in atto e in prospettiva. Serve una nuova politica energetica e climatica. Improntata al realismo, al pragmatismo e a quell’ambientalismo di mercato che può coinvolgere direttamente il mondo imprenditoriale del nostro Paese nel raggiungere gli obiettivi di sostenibilità ambientale.
Più crescita economica, più investimenti e innovazione, una maggiore diversificazione nei fornitori esteri e nelle fonti energetiche nazionali. Sono alla base di questo cambio di passo rispetto alle illusioni dei “greens”. Ovvero quella malintesa idea di ambientalismo che ci ha esposto ai ricatti di Putin.
Nucleare, giacimenti nazionali e rinnovabili
La destra ha davanti a sé una scelta fondamentale, riaprire la partita sul nucleare nel nostro Paese. Il nucleare è una energia pulita che sarà fondamentale per soddisfare il fabbisogno europeo da qui alla metà del secolo. In questo senso si può immaginare una maggiore integrazione tra i Paesi membri della Ue rispetto al parco nucleare francese, che appare sottoutilizzato.
Nello stesso tempo, bisogna iniziare a percorrere con chiarezza la strada di nuove esplorazioni e dello sfruttamento dei giacimenti di gas e petrolio nazionali (ed europei). Puntando anche sul fracking che permetterebbe un maggiore sfruttamento delle risorse disponibili. Come ci hanno insegnato gli Usa da Obama in avanti.
L’altra via è quella dei fornitori esteri, gli Usa innanzitutto, i Paesi del Nord Africa e del mondo arabo verso cui sta funzionando la politica energetica rafforzata nell’ultimo anno da Draghi (Egitto, Algeria, Qatar). Tutto questo non vuol dire che la destra italiana si dimentica delle fonti di energia rinnovabili. Anzi.
Dobbiamo investire di più sul solare, l’eolico e le fonti di energia intermittenti. Ma per aumentare questo tipo di investimenti occorre lasciare più margini di azione ai grandi gruppi energetici e industriali italiani ed europei. La questione non è tanto tassarne i profitti che pure stanno accumulando ma sostenere tutte le aziende che sono in grado di investire sulle energie alternative proprio perché quelle aziende crescono grazie allo sfruttamento delle fonti tradizionali.
Una partita su più tavoli
In conclusione, la partita che si trova a giocare la destra italiana è su più tavoli. Geopolitici, economici ed energetici. L’ambizione dovrebbe essere costruire una visione diversa da quella a cui si sono subordinate le forze progressiste europee negli ultimi anni. Inseguendo la demagogia delle profetesse green e di movimenti anticapitalisti come extinction rebellion.
Concentriamo gli investimenti per la transizione energetica nelle aree del nostro Paese, e dell’Europa, che sono pronte a crescere più di quanto già non facciano. Realizziamo una seria politica di investimenti a livello industriale ed energetico, nella ricerca scientifica e nella innovazione tecnologica.
In questo modo ci libereremo progressivamente dal cappio di fornitori esteri criminali come Putin. E dalla malsana idea nostrana ed europea di uno sviluppo senza crescita. E’ una sfida per la modernità.