Spunti di riflessione per una riforma del Tpl non di linea coerente con il diritto UE

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Spunti di riflessione per una riforma del Tpl non di linea coerente con il diritto UE

Spunti di riflessione per una riforma del Tpl non di linea coerente con il diritto UE

19 Settembre 2023

Presentato dal Ministro Urso, dopo l’approvazione del 7 agosto scorso in Consiglio dei Ministri, come inizio di “un percorso di riforma legislativa per un settore strategico per il Paese”, il cosiddetto decreto taxi (che contiene notoriamente molte altre importanti disposizioni) segue ora il percorso parlamentare di conversione: le norme adottate d’urgenza in ragione dell’incremento dell’afflusso turistico, a stagione estiva tuttavia abbondantemente iniziata) presentano radicali profili di criticità, interna ed europea.

Le uniche misure introdotte sono infatti rivolte al settore dei taxi, per il quale si prevede che i Comuni, in deroga alle vigenti procedure di legge, possano provvedere al rilascio “in via sperimentale” (e dunque con possibili esiti di consolidamento) di licenze aggiuntive per fronteggiare lo straordinario incremento della domanda legato a grandi eventi o a flussi di presenze turistiche superiori alla media stagionale (senza riferimento a parametri specifici), in misura proporzionale all’esigenza dell’utenza (anche in questo caso con richiamo ad un dato opinabile), salvo però disporre che tali licenze aggiuntive possano essere poi affidate, a titolo oneroso, da chi le consegua, a terzi (art. 3, co. 1).

Nello stesso senso è indirizzata la successiva disposizione, secondo cui, con ampio margine di deroga, alcune tipologie di comuni possono assegnare, tramite concorso straordinario, il numero delle licenze di taxi in misura non superiore al 20 per cento di quelle già rilasciate, a fronte del versamento di un contributo, i cui proventi “confluiscono in un Fondo costituito presso ogni singolo comune e sono destinati integralmente a compensare i soggetti titolari di licenza per l’esercizio del servizio di taxi alla data di pubblicazione del bando”.

Dall’orizzonte sparisce totalmente il servizio di NCC, fatta eccezione per la previsione di contributi per la sostituzione del proprio veicolo con altri maggiormente ecocompatibili. È da condividere dunque l’auspicio espresso in sede politica, anche dalla maggioranza, perché i lavori delle Camere non siano limitati ad una mera “presa d’atto” o a modeste modifiche.

Il provvedimento governativo, infatti, nella sua versione finale, per quanto qui interessa, è incardinato integralmente sul risalente modello della l. n. 21/1992 (a sua volta debitore di una politica dei trasporti che risale agli anni ’30 del secolo scorso), ormai, ovviamente, del tutto inattuale e più volte posto (anche sulla scorta di crescente insoddisfazione degli utenti e della limitata possibilità, a regime vigente, di fare ricorso a soluzioni di carattere diverso) sotto la lente critica dell’Autorità antitrust (da ultimo proprio qualche giorno prima dell’approvazione del suddetto decreto, il 1 ago-sto), per “far luce sul sistema delle licenze ‘a numero chiuso’ che, in questo settore, ostacola il corretto dispiegarsi delle dinamiche concorrenziali e il prodursi dei conseguenti benefici in termini di soddisfazione della domanda e di qualità del servizio”.

Il modello suddetto, che ancora si giovava di una lata valutazione discrezionale in ordine alla decisione di sottrarre in tutto o in parte le attività economiche di interesse collettivo generale alla concorrenza – oggi viceversa fortemente limitata dai diversi principi europei – pone al centro del trasporto locale il servizio pubblico di linea, al quale, in funzione complementare, ancillare e graduata, accedono il servizio di taxi e quello di noleggio con conducente, anch’essi significativamente connotati in termini pubblicistici (servizio pubblico non di linea).

Donde una disciplina che, posta la preferenza per l’erogazione diretta o mediante concessione del servizio di trasporto collettivo di persone, colloca altresì in linea, come si è accennato, di gradata successione il servizio taxi e quello di NCC, disciplinando il primo in modo da riservare ad esso modalità di esercizio dell’attività più ampie e con fruizione di spazi pubblici per l’attesa e la raccolta dei passeggeri, in parte riequilibrata alla sottoposizione a vincoli tariffari, lasciando invece al secondo, pur sottoposto allo stesso potere di licenza (non invece al ridetto regime di tariffa) lo spazio (ritenuto) residuale alla luce del soddisfa-cimento della domanda di servizi di trasporto mediante il servizio di linea e quello non di linea prioritario (taxi), con restrizioni circa le modalità di esercizio (divieto di uso di spazi pubblici e obbligo – sino alla sentenza n. 56/2010 della Corte costituzionale – di effettuare le prenotazioni di trasporto per il servizio di noleggio presso la rimessa o la sede e di ritorno alle stesse dopo l’espletamento del servizio).

Tale graduazione fa capo ad una potestà pianificatoria del numero di licenze taxi e NCC conferita agli enti locali, connotata da discrezionalità (alla quale non erano e non sono estranee valutazioni di maggiore redditività dell’attività in presenza di minor concorrenza: la legge parla infatti di programmazione economica e territoriale) ed esercitata con modulazione quantitativa che rispecchia la “scala” normativa del servizio pubblico non di linea.

È anche intuitivamente evidenza l’obsolescenza dei presupposti fattuali (tecnici, economici, sociali e culturali) sui quali si fonda la l. n. 21/1992, il cui impianto è tuttavia molto più risalente: basti pensare alle differenze in merito alla richiesta di trasporto non di linea, alla tipologia delle auto-vetture, ai sistemi (oggi telematici) di domanda ed offerta, alle necessità di conoscenza del territorio, agli stessi limiti territoriali e così via.

Le condizioni attuali appaiono invece tali da scongiurare, già sul piano dei fatti, che in tale settore difettino elementi per (almeno) avviare una seria opera di restituzione al mercato: certamente per esigenze di rispetto della normativa europea (fattesi cogenti, come vedremo dopo una recentissima sentenza della Corte di Giustizia UE dei primi di giugno di quest’anno, purtroppo apparentemente pretermessa in sede di redazione ed approvazione del d.l. n. 104/2023), ma anche e prima ancora per ragioni di (sopravvenuta) illegittimità costituzionale di limitazioni che, a ben vedere, incidono sia sulla libera esplicazione dell’iniziativa privata (soprattutto, quando, come nel caso del servizio NCC non si giovi di alcun ausilio pubblico), sia sull’autonomia degli utenti privati in relazione ai modi e alle forme di esercizio della libertà di circolazione (art. 16 Cost.).

Prima ancora di passare rapidamente in rassegna le indicazioni sopraggiunte dalla Corte di Lussemburgo, sulla scorta altresì di una importante, dettagliata Comunicazione della Commissione Europea del 2022, conviene segnalare che, paradossalmente (ma con tutta la forza dei paradossi), gli intenti riformatori trovano forte opposizione nella “valorizzazione economica” dei titoli di licenza (e di quelli di taxi, in particolare), determinata dalla disciplina normativa sul trasferimento degli stessi (art. 6): da tale regolamentazione emerge che il titolo, in prima battuta rilasciato, co-me si è visto, entro limiti quantitativi basati su valutazioni di discrezionalità programmatoria dell’Amministrazione, può poi circolare (ovviamente soprattutto a titolo oneroso).

La disciplina e la gestione dei titoli di autorizzazione hanno dato vita ad un mercato protetto, articolato in via preferenziale sui taxi, in quanto tale (in relazione al suaccennato processo di valorizzazione economica) ostile ai pur necessari ed indifferibili adattamenti evolutivi. Benché ancor oggi il settore del trasporto dei passeggeri su richiesta sia affidato alla disciplina dei singoli Stati membri (pertenendo ad uno specifico settore nel quale l’UE non ha ancora dettato disposizioni specifiche), nondimeno questi devono provvedervi rispettando le norme generali dei trattati e le libertà fondamentali da essi sancite.

La Commissione ha puntualizzato, nel 2022, che “i servizi di trasporto rientrano nell’ambito della libertà di stabilimento sancita dall’articolo 49 TFUE. Tale articolo osta ad ogni provvedimento nazionale che, pur se applicabile senza discriminazioni in base alla cittadinanza, possa ostacolare o scoraggiare l’esercizio, da parte dei cittadini comunitari, della libertà di stabilimento. Ciò significa che alcune norme adottate dagli Stati membri e applicabili ai tassisti e ai conducenti di NCC e agli operatori di taxi e NCC possono costituire restrizioni alla libertà di stabilimento”.

Le restrizioni sono legittime soltanto ove oggettivamente fondate su motivi imperativi di interesse generale, “a condizione che tali restrizioni siano non discriminatorie, siano atte a garantire la realizzazione dell’obiettivo perseguito e non vadano oltre quanto necessario al raggiungimento dello stesso”. In tale prospettiva devono quindi vagliarsi anche le norme sull’accesso alla professione di prestatore di servizi di taxi e di NCC, quali i “contingenti per il rilascio di licenze per i veicoli”: ciò che è avvenuto puntualmente proprio con la più volte citata sentenza della Corte di Giustizia UE dell’8 giugno scorso.

Ma è importante rammentare, per offrirne la meditazione al dibattito parlamentare, che la ricitata Comunicazione della Commissione del 2022 delinea chiarissime linee guida per procedere al riesame, come ivi si legge, “con il contributo dei rappresentanti del settore e delle parti sociali, le loro normative attuali in materia di trasporto passeggeri su richieste , per garantire che i passeggeri abbiano accesso a servizi di mobilità sostenibile, intelligente e resiliente che siano disponibili, economici, accessibili, affidabili, di buona qualità, sicuri e disciplinati da norme conformi al diritto dell’Unione”: in tale direzione, “I quadri normativi degli Stati membri dovrebbero offrire pari opportunità a tutti i soggettivi attivi sul mercato, siano essi già presenti e nuovi, nonché garantire una concorrenza leale tra gli stessi. Oggi i servizi di NCC e di trasporto a chiamata sono in concorrenza con i taxi ma, più che i soggetti stessi attivi sul mercato, è il «sistema NCC» che compete con il «sistema taxi»”, laddove “gli utenti percepiscono i servizi di taxi tradizionali e i servizi di NCC come due tipologie molto simili”.

Le nuove regole dovrebbero poi “permettere di sfruttare appieno i vantaggi offerti dalla digitalizzazione e da altre tecnologie innovative, che porteranno ad aumenti di efficienza quali un miglior utilizzo del veicolo, tempi di attesa più brevi e la riduzione dei chilometri percorsi senza passeggeri a bordo”, con beneficio anche per gli “imperativi” obiettivi climatici.

La Corte di Lussemburgo, chiamata a vagliare la compatibilità con il diritto europeo della normativa spagnola in materia di trasporto locale non di linea e, per quel che qui più rileva, di una disposizione che, nella ratio, produce effetti analoghi a quelli della legislazione italiana sul punto, limita il numero delle licenze di NCC assentibili ad un trentesimo di quelle per i servizi di taxi.

La Corte, anche sulla scorta di articolatissime e molto pregnanti conclusioni dell’Avvocato Generale M. Szpunar, ha statuito “obiettivi di natura economica [ad es. la preservazione di condizioni di redditività di una determinata categoria di esercenti] non possono costituire un motivo imperativo di interesse generale idoneo a giustificare una limitazione di una libertà fondamentale garantita dal Trattato” (par. 70) , qual è la libertà di stabilimento di cui all’art. 49 TFUE.

E, ancora, che “la circostanza che l’attività di servizi di taxi abbia le caratteristiche illustrate al punto 66 della presente sentenza e sia quindi fortemente regolamentata non consente di dimostrare che l’interesse che riveste tale attività presenti, ai sensi della giurisprudenza citata al punto 77 della presente sentenza, caratteri specifici rispetto a quello di altre attività economiche, né che una specifica missione di servizio pubblico sia stata affidata ai prestatori di servizi di taxi mediante atti di esercizio del potere pubblico sufficientemente precisi in tal senso” (par. 80).

Al contrario, sempre secondo la Corte di Lussemburgo, occorre tenere presente la corrispondenza dei servizi di NCC (e dell’incremento di tale mercato) a finalità pubbliche di sicura, primaria rilevanza: la riduzione del ricorso alle automobili private, il conseguimento dell’obiettivo di una mobilità efficiente ed inclusiva, anche in forza del livello di digitalizzazione e della flessibilità nella fornitura di servizi, come una piattaforma tecnologica accessibile ai non vedenti, l’incremento di mezzi a basse emissioni.

Merita in proposito riportare alcuni passaggi delle conclusioni dell’Avvocato Generale: “in molte zone dell’Unione Europea, i fornitori di servizi di taxi sono stati tradizionalmente protetti dalla concorrenza grazi alla regolamentazione statale, mentre le piattaforme web hanno cominciato ad offrire servizi di trasporto locale di passeggeri su richiesta con un elevato livello di diligenza, precisione ed efficienza. Non solo ciò ha contribuito ad una maggiore trasparenza in tutte e fasi della fornitura dei servizi di trasporto locale, dove offerta e domanda vengono ad incontrarsi con maggiore precisione ed efficienza. Non solo ciò ha contribuito ad una maggiore trasparenza in tutte le fasi della fornitura dei servizi di trasporto locale, dove offerta e domanda vengono ad incontrarsi con maggiore precisione che in passato, ma ha anche aumentato sia l’offerta che la domanda. Per quanto riguarda i conducenti, oggigiorno è molto più facile che in passato diventare conducente e offrire servizi tramite piattaforme, mentre i clienti hanno maggiore controllo sulle modalità, la destinazione e il costo del trasporto”.

“Il trasporto privato locale, inoltre, è diventato più abbordabile e si è notevolmente abbassata la barriera economica all’ingresso per i consumatori. Persone che in passato non avrebbero potuto permettersi il trasporto privato, in molti casi ora sono nella posi-zione di potersi concedere questo servizio. Ne è derivata una situazione in cui la distinzione tra servizi di taxi tradizionali e nuovi attori del mercato si è attenuata e i servizi tendono a convergere. Inoltre, ciò ha condotto ad una certa contaminazione, nel senso che gli operatori di taxi tradizionali ricorrono sempre più ad applicazioni web per far coincidere offerta e domanda”.

Quella appena riportata, lungi dall’essere una puntuale constatazione “sociologica”, configura invece un parametro di misurazione della ragionevolezza e della legittimità comunitaria delle discipline restrittive dell’accesso al mercato dei servizi NCC nelle varie loro forme e, al contempo, la base per la elaborazione di nuove regolamentazioni che siano adeguate alle finalità proprie dell’intervento pubblico nel quadro di un’economia di mercato aperta e in libera concorrenza e conformemente al principio di sussidiarietà.

In altri termini, deve oggi verificarsi se siano legittime le restrizioni all’accesso del mercato del trasporto destinato al pubblico (denominazione che pare meglio attagliarsi alla effettiva natura dell’attività in discorso), tenendo prioritariamente in debito conto le indicazioni fornite dalle istituzioni europee e dalle quali emerge che non sono giustificate quelle che, decampando dalle forme di controllo preventivo di natura puramente tecnica proprie di un regime regolatorio di autorizza-zione (motivate quindi da esigenze di sicurezza e di affidabilità, se, in quanto e nella misura in cui si traducano in concreti motivi imperativi di interesse generale), tralignino in “protezione” degli incumbent di un mercato protetto, mediante aiuti di Stato in forma di disciplina restrittiva dell’accesso al mercato medesimo.

Sotto altro aspetto, deve altresì considerarsi, nella prospettiva di controllo della spesa pubblica e di limitata disponibilità di risorse finanziarie, che ben può attualmente ritenersi che, tra i livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali di cui all’art. 117, co. 2, lett. m), Cost., debba annoverarsi una normazione che, consentendo l’incremento dell’iniziativa privata, garantisca il soddisfacimento di esigenze di trasporto che, per modalità e capillarità, sono ben superiori a quelle concretamente esigibili dalle pubbliche amministrazioni.