Stato stratega? Più investimenti per colmare il ritardo italiano in R&S
02 Dicembre 2022
Negli investimenti in R&S, ricerca e sviluppo, fondamentali per la “twin transition”, Roma rincorre Berlino e Parigi. Le aziende italiane stentano rispetto alle concorrenti francesi e tedesche. Gli investimenti nel Belpaese sono pari all’1,6% del Pil tra 2019- 2020. Circa la metà del valore tedesco (3,1%) e due terzi di quello francese (2,3%). Che fa lo Stato per rendere le nostre imprese più dinamiche, produttive e competitive?
In queste settimane si parla molto di un nuovo interventismo statale, di “Stato stratega”. La tendenza però continua ad essere sostenere aziende pubbliche che andrebbero privatizzate o tutelare pezzi del nostro patrimonio industriale che non possiamo perdere. E l’innovazione tecnologica? Il trasferimento tecnologico che vuol dire connettere università, centri di ricerca al tessuto imprenditoriale circostante?
Dobbiamo favorire di più i processi di transizione ecologica e trasformazione digitale. Giustamente da Cassa depositi e prestiti fanno notare che per raggiungere gli obiettivi climatici sulla carbon neutrality, “net zero”, servono investimenti su tecnologie avanzate e in fase di sperimentazione. Cdp vuole premiare gli “innovatori”, nella “deep-technology”, nella transizione verde e nella digitalizzazione.
Potenziando le infrastrutture di ricerca nazionali. Creando nuovi Poli di trasferimento tecnologico “verticali” e investendo in venture capital specializzati. Cdp spiega che il piano è sostenere le imprese, comprese le Pmi, nell’acquisizione di tecnologie innovative e competenze specialistiche e manageriali. Farlo in modo massiccio, spingere crescita e Pil, vuol dire trovare più risorse. Ne servirebbero tantissime in R&S.
Allora perché non dirottare qualcosa dalle centinaia di milioni di euro elargiti per tenere in vita chi colleziona perdite. Come nel sistema delle partecipazioni statali. Perché non investire sui settori più moderni, avanzati della nostra economia?