Un governo che liberi totalmente il mercato del lavoro

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Un governo che liberi totalmente il mercato del lavoro

Un governo che liberi totalmente il mercato del lavoro

15 Ottobre 2022

Il lavoro. Mentre la politica si accapiglia sui curricula dei presidenti delle camere, il ceo di Intesa si augura che l’economia tornerà a crescere nel 2024 e il presidente di Aran dice che la PA non ha bisogno di essere riformata ma solo ritoccata, arrivano i dati su imprese e autonomi. Numeri preoccupanti che dovrebbero indurre a riflettere chi si appresta a governare il Paese.

Dal Bollettino Excelsior di UnionCamere e Anpal, apprendiamo che nell’ultimo trimestre del 2022 (ottobre-dicembre) ci saranno circa il 10 per cento di assunzioni in meno rispetto all’anno precedente. La contrazione riguarda tutti i settori del manifatturiero, meno 26,5% sul trimestre. Tengono l’edilizia e il turismo.

Dalle imprese agli autonomi

Dalle analisi di CGIA di Mestre su elaborazioni ISTAT, invece, arriva la conferma che le famiglie dei lavoratori autonomi sono più a rischio povertà o esclusione sociale di quelle dei lavoratori dipendenti (22,4% vs 18,4%). Artigiani, commercianti, lavoratori autonomi, liberi professionisti. In tanti chiudono le loro attività e non vengono più neppure mappati da queste indagini.

La ragione di tutto questo sta negli anni difficili che stiamo attraversando, ce ne sono voluti quasi tre per recuperare i livelli occupazionali precedenti al Covid. Poi la ripresa se l’è mangiata la congiuntura sfavorevole determinata dalla guerra, insieme al caro energia e all’aumento dell’inflazione che ormai sperimentiamo ogni volta che arriva la bolletta o andiamo a fare la spesa al supermercato.

Eliminare le rigidità nel mercato del lavoro

Il Sole 24 Ore, citando gli esperti del lavoro dei partiti di centrodestra che daranno vita al nuovo governo, si concentra soprattutto sul fatto che le aziende non riescono a trovare le competenze necessarie. Che è un bel problema. Ma la questione di fondo a nostro parere resta la rigidità del mercato del lavoro nel quale gli imprenditori sono costretti a muoversi.

In questo senso, bisognerebbe liberare totalmente il mercato del lavoro rispetto a quanto è stato fatto fino adesso. Visto che i dati indicano che il tempo determinato è quello che le aziende preferiscono, rispetto all’indeterminato e alle altre forme contrattuali.

In uno scenario recessivo come quello che osserviamo a livello globale, un buon imprenditore tende a essere prudente. Taglia gli investimenti o rinuncia ai progetti di crescita che ha perché, una volta fatto quell’investimento, non esiste la retromarcia.

Questo aumenta l’avversione al rischio delle imprese italiane, con due conseguenze. Le persone hanno più difficoltà a entrare nel mercato del lavoro, a qualificarsi e a intraprendere una carriera. E due, le aziende non si reiventano, cercando di tutelare i business model esistenti, perdendo competitività e slancio a livello internazionale.

Il risultato è un misto di cassa integrazione, reddito di cittadinanza e frustrazione di chi fa impresa, osservando i competitor stranieri che invece hanno avuto un contesto più favorevole per rilanciarsi nel corso della crisi.

Morale: bisogna liberare totalmente il mercato del lavoro. Per dare più opportunità alle imprese di assumere, alle persone di lavorare e al nostro Paese di crescere. Fin qui le imprese. Un’ultima considerazione la meritano gli autonomi.

L’orgoglio delle partite IVA

Fino a una decina di anni fa, il popolo delle partite Iva veniva spesso invidiato. Aprirsi la partita Iva era quasi uno status symbol, come ricorda CGIA. Gli autonomi erano considerati degli imprenditori appartenenti alle classi socio-economiche più agiate.

Oggi, per un giovane sotto i 35 anni aprirsi la partita Iva viene percepita come una scelta di ripiego. Peggio, come un espediente che il datore di lavoro trova per evitare di assumerlo come dipendente. Così torniamo da capo a dodici.

Il mercato del lavoro va liberato per permettere a quel datore di lavoro di assumere senza doversene pentire il giorno dopo. Il sistema fiscale e burocratico oppressivo che abbiamo va rivoluzionato se vogliamo ridare fiato, creatività e coraggio agli autonomi.

E tutto questo mondo, imprenditoriale, neoimprenditoriale, grande o piccolo che sia, deve entrare nella testa di una classe politica che invece continua a perseguire quasi unicamente politiche stataliste e clientelari.

Tutelando il lavoro pubblico dipendente. Il corpaccione molle irriformabile e garantito della Pubblica amministrazione. Chi, invece di lavorare, preferisce restarsene a casa in attesa che arrivi qualche bonus o la paghetta statale.