Una colazione con il maratoneta 96enne a New York

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Una colazione con il maratoneta 96enne a New York

Una colazione con il maratoneta 96enne a New York

01 Marzo 2023

New York – Ore 8.30 del mattino, azzanno una frittata fumante che straborda da un enorme piatto ovale. L’odore pungente del bacon mi si conficca nelle narici. Da giorni divoro pasti iper-proteici, le uova stanno diventando il costituente primario delle doppie eliche che tengono in piedi le mie cellule. Sono in un diner, e nonostante muretti di legno circondino i tavolini incapsulando il momento del pasto in uno spazio intimo e confinato, da proteggere e separare dai vicini, intravedo la torma di macchie gialle e informi che marchia prepotente ogni vassoio.

Uova e patatine piovono da ogni lato, e devo dire mi piace. Mangio con gusto, affondo i bastoncini croccanti e le dita nel ketchup, inalo l’atmosfera satura di grasso fritto che impregna capelli e vestiti e mi sento piacevolmente liscio e lipidico. Sono immerso in sogni burrosi, quando un vicino rompe la barriera architettoleosa che ci separa con un inglese che fatico a capire. Mi chiede della barba. È la seconda volta che la mia barba sfilacciata apre la porta a una conversazione inaspettata. Io e la mia compagna ci guardiamo stupiti. Dopo due brevi battute sull’assenza di bulbi piliferi sul suo volto ci presenta il suo commensale.

Un uomo anziano che avevo notato che, con un fare che mi era apparso a dir poco sgarbato, aveva urlato l’ordinazione alla zanzaresca cameriera sempre solerte nel poggiare il becco della brocca del caffè sulle tazze mezze vuote degli assonnati avventori. Quest’uomo che avevo avventatamente classificato nella sezione ultra settantenne, non ancora ottantenne, vecchio e scorbutico, ci viene presentato come un formidabile quanto anomalo maratoneta. Ha corso la sua prima maratona a sessant’anni. E ben sedici, tra i sessanta e i settantasei.

Oggi ne ha novantasei, ingurgita senza fare una piega una frittata elefantiaca, saltella sulle sue maratoniche gambe ed è arrivato in città, non una cittadina qualunque – New York – con la sua auto per godere della compagnia di un giovane amico, un sessantenne che pare un bambino al suo cospetto. Novantasei anni, mormoro, e mentre cerco di visualizzare questo numero audace e complesso, divisibile per per tre e per sei, per trentadue e per sedici, per quattro e ventiquattro, il signore si alza con uno scatto e ci rifila una massima del tipo «L’età non conta».

Non credo che l’età non conti, a me pare proprio il contrario, che conti maledettamente, ma giuro che proverò a guardare dalla sua rara ed estrema prospettiva e proverò anche a visualizzare il ritmo cadenzato di quelle sedici martellanti maratone. (Fine della Seconda Puntata)