La Georgia è stata smembrata ma Mosca paga il prezzo dell’isolamento
12 Settembre 2008
Le guerre sono tante cose allo stesso tempo, in genere pessime, e anche quella tra Russia e Georgia, anche se formalmente finita, ha i suoi risvolti, soprattutto nella comunicazione.
Pochi in verità sapevano dell’esistenza dell’Ossezia del Sud o dell’Abkazia, fino all’altro ieri parti integranti della Georgia e oggi ufficialmente “indipendenti”. Se il trend continua, dovremo mandare a memoria, ma soprattutto cercare nelle carte geografiche, il Tatarstan, il Bashkortostan, e i luoghi dove vivono in prevalenza i circassi, cioè le repubbliche di Kabardino-Balkaria, Karachayevo-Cherkessia e Adygeya. Tutte enclaves che oggi sono in fibrillazione e assai incuriosite dopo che i loro cugini osseti e abkazi hanno avuto l’“indipendenza”.
Per dire che i movimenti secessionisti, stroncati da Putin fino a qualche anno fa (e basti citare la normalizzazione della Cecenia, regione secessionista per eccellenza) oggi rialzano la testa, et pour cause!
E’ troppo presto per fare previsioni su cosa accadrà. E’ in corso una difficilissima partita a scacchi tra il Cremlino, l’Occidente e il resto della comunità internazionale, con un tentativo palese di ricostruire delle zone di influenza in puro stile Yalta, di cui il primo obiettivo sembrerebbe proprio l’Ucraina.
Intanto possiamo malinconicamente registrare che lo smembramento della piccola e debole repubblica georgiana sembra un fatto acquisito, che avrà ripercussioni a vasto raggio, ben oltre il complicatissimo puzzle caucasico.
Più che da una cautissima Europa, le ripercussioni negative sono arrivate con il crollo della borsa russa e con il totale isolamento della politica di Mosca, fatto salvo il riconoscimento delle due province secessioniste da parte del Nicaragua di Daniel Ortega…