Ddl Concorrenza: meglio un pugno di riso che niente
27 Luglio 2022
Ieri il ddl concorrenza è passato alla Camera con 345 voti a favore e ora torna in Senato per il via libera definitivo. A parte la schizofrenia manifesta di un parlamento che caccia Draghi e poi vota ad ampia maggioranza un provvedimento strategico tenuto per mesi a bagnomaria, il giudizio che se ne può dare è ‘meglio un pugno di riso che niente’.
Chi pensa che in Italia ci sia o ci sia mai stato spazio per battaglie liberiste sogna, quindi le prefiche che continuano a stracciarsi le vesti per lo stralcio della riforma del trasporto pubblico privato, la prossima volta farebbero meglio a ingegnarsi per trovare una mediazione politica migliore con i tassisti. Nel frattempo a Roma o a Milano continueremo a trascorrere ore a telefono per cercare un taxi di notte o nelle ore di punta senza trovarlo. Chissà perché invece Uber chiami e arriva. Sarà il gombloddo globalista, probabilmente.
Del resto non si capisce perché bisogna prendersela solo con i tassinari, visto che di corporazioni e rendite di posizione vive questo Paese. Il fatto che nel ddl sia venuto meno “l’obbligo assoluto di affidamento mediante procedure di pubblica evidenza nel trasporto pubblico locale, ma sempre conformemente alle norme europee in materia”, come rileva il centro studi del Pd, vuol dire che per salta l’obbligo di gara per gli enti locali.
Dunque il riordino del Tpl (insieme al sistema di gestione dei servizi pubblici locali) ne esce a dir poco annacquato. A quanto pare, le “manipolazioni” del ddl non sono avvenute solo da parte dei lord protettori di tassisti e bagnini ma pure da parte dei sinceri democratici. I Comuni in ogni caso continueranno tranquillamente a scaricare sugli utenti le inefficienze del Tpl.
Altro che liberalizzazioni all’americana dei trasporti, al massimo nel nostro Paese possono scontrarsi visioni diverse su come far intervenire lo Stato nel mercato. Di nuovo, quello che resta è la capacità di mediazione della politica nel fare passi avanti per rendere il sistema economico un po’ più competitivo.
Da questo punto di vista anche sulle concessioni balneari poteva finire molto peggio, con un altro stralcio che avrebbe fatto imbufalire la commissione europea. Invece in questo caso hanno prevalso le proroghe. Le gare per liberalizzare il settore si faranno ma fino al 2024 nel caso di contenziosi o se non si dovesse trovare la quadra tecnica per la applicazione delle gare medesime. I gestori non avranno diritto agli indennizzi sulla base del fatturato e su questo, come sul garantire l’accesso alle coste, tutto rimandato ai decreti delegati.
Rinvii permettendo, la legge contiene anche degli elementi migliorativi, per esempio nella semplificazione delle procedure amministrative per le imprese. Questo aspetto è strategico perché in Italia abbiamo imprenditori che non aspettano per forza il Pnrr per investire, che hanno capitali, sono pronti a metterli in gioco, ma non lo fanno o vengono disincentivati a farlo proprio dal rischio di ‘correre da fermi’, imprigionati da mille regole e controlli.
Il riordino nel settore delle rinnovabili ha quindi la sua importanza, con la delega al (prossimo) governo per la semplificazione e la accelerazione dell’iter autorizzativo ai concessionari (e le Regioni che fisserano le gare…). Promossa pure la norma sulle colonnine per le auto elettriche in autostrada, con gli incentivi a chi proporrà tecnologie innovative.
Si è anche intervenuti per rendere più concorrenziale la distribuzione del gas, sulle nuove regole per le concessioni portuali, sui rifiuti. Sulla riorganizzazione dei servizi sanitari ma con una norma che limita la discrezionalità della nomina dei primari nell’accreditamento dei privati e impedendo di vendere farmaci senza ricetta o i tamponi nelle parafarmacie.
Infine il rafforzamento dell’Antitrust, a patto di intendersi, anche in questo caso, sul senso della parola ‘concentrazioni’. Perché non si può certo costringere Amazon a calmierare l’abbonamento di Prime. Sarebbe proprio un bel modo di intendere la libertà delle aziende nello stabilire le proprie politiche commerciali!
E allora? La approvazione del ddl serve a rassicurare la Commissione europea sul fatto che l’Italia va avanti a modo suo nel processo riformatore. Per mettere in sicurezza la terza tranche da 19 miliardi di euro del Pnrr, il gigantesco programma di investimenti pubblici in corso nel nostro Paese che ancora non è chiaro se sta funzionando o meno. Si lega quindi il Governo che verrà dopo il 25 settembre all’attuazione del provvedimento e su tante delle questioni che abbiamo elencato a una precisa scelta di campo.
Proseguire nel solco della “Agenda Draghi” per rendere gradualmente il nostro Paese più competitivo o mettere una pietra tombale sul libero mercato. La legge andrà attuata senza depotenziarla ulteriormente, allineandosi alle indicazioni del Pnrr. Cosa che dovrebbe essere fatta entro la fine dell’anno con tutte le difficoltà del caso. La legge sulla concorrenza sarà quindi il primo vero test per il Governo che verrà.