Il debole Biden, il petrolio iraniano e la potenza cinese

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Il debole Biden, il petrolio iraniano e la potenza cinese

Il debole Biden, il petrolio iraniano e la potenza cinese

04 Agosto 2022

L’Iran nucleare, la Russia del criminale di guerra Putin e il regime comunista cinese sono una grave minaccia per l’ordine internazionale liberale. Le democrazie occidentali attraverso strumenti come le sanzioni dovrebbero esercitare un forte pressing politico-diplomatico verso questi regimi. Ma sotto l’amministrazione Biden il commercio illegale di petrolio iraniano ha toccato cifre da record. Teheran ha incassato decine di miliardi di dollari vendendo petrolio ad altri Paesi come Cina, Siria e Venezuela. Lo denuncia il gruppo bipartisan americano United Against Nuclear Iran (UANI).

Tra petrolio illegale e JCPOA

Nel 2021, le vendite di petrolio, gas e prodotti petrolchimici derivati di Teheran hanno superato i 22 miliardi di dollari. Nel 2022, siamo già a quota 39 miliardi, con un incremento di ben 17 miliardi di dollari. La applicazione lassista delle sanzioni da parte della Amministrazione Biden contro Teheran però non riguarda solo il commercio illegale di oro nero. In ballo ci sono i timidi accordi sul nucleare iraniano che Washington cerca di rinegoziare con i mullah. Quel Joint Comprehensive Plan of Action (JCPOA), meglio noto come “Iran Deal”, sottoscritto a Vienna nel 2015. Un successone per i Paesi che siedono nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite (Cina, Francia, Russia, Uk, Usa più la Germania) insieme all’Unione Europea.

Secondo gli analisti dell’UANI, Washington chiude gli occhi sul commercio illegale iraniano per blandire Teheran. L’obiettivo sarebbe spingere il regime a sottoscrivere gli accordi sul nucleare. Peccato che quegli accordi avranno come unico risultato  di rimuovere le sanzioni contro il regime, compresa la vendita di petrolio. Intanto la giunta comunista cinese nel 2021 ha quadruplicato le sue importazioni di petrolio da Teheran. Secondo l’ex consigliere speciale del Dipartimento di Stato durante la presidenza Trump, Gabriel Noronha, la revoca delle sanzioni all’Iran frutto dell’accordo sul nucleare spingerebbe il commercio di petrolio e gas tra Iran e Cina fino alla stratosferica cifra di 60 miliardi di dollari l’anno.

La Cina e gli stati canaglia

“La Cina,” ha detto Noronha, ha raggirato la credibilità dei nostri programmi di sanzioni, incoraggiando altri stati canaglia in tutto il mondo a seguire il suo esempio”. Con la conseguenza di ridare fiato alla depressa economia iraniana. Le riserve di valuta estera iraniana, che Trump aveva compresso con le sanzioni, quasi prosciugandole, potrebbero decuplicarsi nell’arco del 2022. Non è un buon risultato per la politica estera di Biden, del segretario di Stato americano Blinken e dell’inviato speciale Usa per l’Iran Malley.

La mancata applicazione delle sanzioni ha permesso al regime iraniano di rivitalizzare l’economia del Paese. Di portare avanti il suo programma nucleare e di continuare a foraggiare i gruppi terroristici nella regione. I proventi del traffico illegale di oro nero hanno anche consentito ai mullah di tenere una linea dura nei colloqui negoziali sul nucleare. L’Iran rifiuta persino di sottoscrivere un accordo blando come il JCPOA. Tutto questo mentre gli Usa vedono scendere le loro scorte di greggio ai livelli più bassi da quasi 40 anni a questa parte. Gruppi di pressione come UANI svolgono un ruolo fondamentale per fare pressione sull’amministrazione Biden che adesso sembra decisa a emettere nuove sanzioni contro il commercio illegale di petrolio iraniano.

Gli Usa ci mettono la pezza

Nei giorni scorsi il Dipartimento di Stato Usa ha messo nel mirino “sei entità” che stanno “facilitando le transazioni illecite di petrolio iraniano”. La Casa Bianca ha anche fatto sapere che le sanzioni contro Teheran continueranno fino a quando non ci sarà una “piena attuazione” del JCPOA. Il passo successivo secondo UANI è di identificare le petroliere che commerciano greggio illegale iraniano. In questo modo si eviterebbe che queste navi possano aggirare le sanzioni, registrandosi con un cambio societario sotto altro nome mentre continuano a lavorare per Teheran.

Sullo sfondo, il regime comunista cinese gongola. Mentre il Dipartimento di Stato Usa continuava a ripetere di voler stigmatizzare gli accordi tra Pechino e Teheran, per quasi un anno e mezzo i comunisti cinesi hanno aggirato le sanzioni Usa contro l’Iran. Prima che la Casa Bianca si decidesse a fare qualcosa.