Come cambia il turismo invernale con il cambiamento climatico

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Come cambia il turismo invernale con il cambiamento climatico

Come cambia il turismo invernale con il cambiamento climatico

03 Gennaio 2025

Il cambiamento climatico sta trasformando radicalmente le località sciistiche. Negli ultimi anni, il turismo invernale ha subito gravi danni a causa dell’aumento delle temperature: la neve arriva più tardi e si scioglie più rapidamente. La scorsa stagione sciistica ha suscitato molte preoccupazioni: nel 2023-2024, circa 26 gare della Coppa del Mondo sono state annullate per la mancanza di neve e le condizioni meteorologiche instabili, che hanno compromesso la sicurezza degli atleti; numerosi sciatori hanno abbandonato le competizioni a seguito di infortuni legati alle cattive condizioni delle piste. Con l’avvicinarsi della nuova stagione 2024-2025, le stazioni sciistiche devono affrontare queste sfide, sostenendo l’evoluzione di strategie e modelli verso forme di turismo più sostenibili.

Nuove tecniche: lo Snow Farming

Una soluzione innovativa per affrontare la scarsità di neve è lo Snow Farming, una tecnica che consente di conservare la neve raccolta in primavera, proteggendola con cippato di legno e teli termici per essere riutilizzata durante l’inverno. Sebbene non sia una metodologia recente, il suo utilizzo, inizialmente sperimentale, è diventato una pratica consolidata a Piani di Luzza, in Friuli. Qui, la neve immagazzinata ha inaugurato la stagione sciistica sul primo tratto del circuito del centro federale Carnia Biathlon Arena, con risultati considerati soddisfacenti. Nonostante questa tecnica garantisca neve disponibile all’inizio della stagione e riduca il ricorso all’innevamento artificiale, presenta alcune criticità: quantità di neve conservata ancora limitata, necessità di depositi adeguati e un notevole impegno per la distribuzione della neve a inizio stagione.

Neve artificiale: una soluzione insostenibile

Un’altra risposta all’emergenza è l’innevamento artificiale, che però presenta notevoli limiti. Richiede temperature basse, grandi quantità di acqua ed energia, con un impatto ambientale significativo. In Alto Adige, secondo il dossier Eurac del 2021 Neve. Come sta cambiando in Alto Adige e nelle Alpi, l’industria dello sci si è ormai svincolata dalla neve naturale, con il 90% dei comprensori dotato di impianti di innevamento. Tuttavia, la produzione di neve richiede condizioni meteorologiche favorevoli (aria fredda e secca) oltre a un elevato consumo di risorse; infatti, tra il 2007 e il 2016, i cannoni da neve in Alto Adige hanno utilizzato il 6-12% dell’acqua potabile annua e il 2,9-5,4% dell’elettricità provinciale.

Con la progressiva riduzione della neve naturale, questi consumi sono destinati ad aumentare, alimentando il dibattito tra l’impatto ambientale negativo e i benefici economici locali. Nel 2023, il consorzio Monte Cimone, che gestisce alcune stazioni sciistiche degli Appennini, ha investito 5 milioni di euro nell’acquisto di macchinari per la produzione di neve artificiale, ma l’iniziativa non sembra aver portato i risultati sperati: i cannoni da neve necessitano di temperature sottozero per trasformare le minuscole gocce d’acqua in fiocchi, ma fino a metà gennaio le temperature non sono scese sotto lo zero. Luciano Magnani, responsabile del consorzio, ha riportato una perdita del 40% delle entrate stagionali a causa della chiusura degli impianti di risalita.

Prospettive per il futuro dello sci

Negli ultimi anni, un gruppo di studiosi ha analizzato il futuro dello sci in Europa alla luce delle conseguenze del cambiamento climatico. Le previsioni, illustrate in un articolo pubblicato sulla rivista Nature Climate Change nell’agosto 2023, si concentrano su uno scenario in cui la temperatura media globale supera di almeno 2 °C i livelli preindustriali. Secondo il report, il numero di giorni annui con copertura nevosa sulle Alpi e altre montagne europee è diminuito significativamente nell’ultimo secolo. Per l’Appennino, lo studio prevede un rischio estremamente elevato in tutti gli scenari climatici, anche con un ricorso intensivo all’innevamento artificiale, rendendo lo sci praticamente impossibile. Per le Alpi italiane, grazie alle altitudini maggiori, i rischi risultano invece meno critici.

Una risposta coordinata al problema climatico

Per affrontare la crisi, l’unica strategia efficace sembra essere l’adozione di una visione olistica, che include la razionalizzazione delle risorse, il ripensamento dei modelli turistici e l’utilizzo di strumenti avanzati per il monitoraggio climatico, come i modelli di previsione sviluppati nel progetto europeo PROSNOW (2017-2020). In questa direzione, la Federazione Internazionale di Sci (FIS) ha recentemente siglato un accordo con l’Organizzazione Meteorologica Mondiale (OMM) delle Nazioni Unite, per sfruttare le competenze meteorologiche dell’OMM nel monitorare e prevedere l’impatto del cambiamento climatico sugli sport invernali.

Strategie di adattamento nel turismo invernale

Una possibile strategia è quella di diversificare l’offerta turistica per ridurre la dipendenza dalle condizioni meteorologiche. Sempre più località si orientano verso esperienze montane alternative, come turismo sostenibile, escursioni, attività invernali a basso impatto energetico e percorsi dedicati alla natura e al benessere. Tra le proposte emergenti figurano lo snowshoeing (camminate con racchette da neve) e il turismo gastronomico. Questo cambiamento è già visibile in iniziative come il progetto Transtat (2021-2027), cofinanziato dall’Unione Europea, che coinvolge località in Austria, Slovenia, Italia, Francia e Svizzera; l’iniziativa mira a sperimentare nuove forme di adattamento per trasformare la sfida climatica in un’opportunità per le stazioni sciistiche, con l’obiettivo di promuovere soluzioni che migliorino la resilienza delle regioni alpine, prevenendo rischi ambientali e favorendo un approccio ecosostenibile.