La Georgia non sarà la nuova Ucraina
17 Dicembre 2024
“Le elezioni in Georgia sono state truccate ed è per questo che il partito al potere ha preso la maggioranza,” ci dice Ruska, insegnante, da Tblisi. “Ormai da più di due settimane il popolo georgiano sta protestando, chiedendo nuove elezioni. Ma fino adesso abbiamo dovuto solo accettare un presidente eletto arbitrariamente, leggi modificate e alterate da un governo illegittimo, una violenta repressione contro manifestanti pacifici. Le forze dell’ordine picchiano, spezzano ossa, attaccano chiunque si trovi sulla loro strada. Ci impongono multe nel tentativo di intimidirci e ridurci al silenzio”.
La Georgia che vuole l’Europa
A Tbilisi le piazze piene di giovani che sventolano bandiere europee e dell’Ucraina fremono, come un monito per chi ha la memoria corta. I georgiani se lo ricordano bene chi è Putin, che genere di potere rappresenta. Che fine fece Gamsakhurdia, la rivoluzione delle rose e la fine del comunismo. Nel 2008, Mosca scatenò cinque giorni di guerra lampo, usando la violenza e tentando l’occupazione militare. I territori incendiati da quel blitz sono oggi militarizzati, privati della loro identità e trasformati in zone grigie di illegalità economica e politica, utili solo agli interessi del Cremlino.
La guerra del 2008 provocò oltre 190.000 sfollati, di cui oltre 20.000 – soprattutto georgiani – non hanno più fatto ritorno alle proprie case. La Corte europea dei diritti dell’uomo ha sancito nel 2021 che la Russia mantiene un “controllo diretto” sulle regioni separatiste ed è responsabile di gravi violazioni dei diritti umani.
Decine di persone arrestate in Georgia, madri in piazza
Oggi, come allora, il Cremlino sbagliando continua a pensare che la Georgia possa tornare sotto la sua influenza, come una sorta di Bielorussia. Sarebbe un messaggio chiaro ad altri Paesi, come Armenia e Azerbaigian. La proclamazione di Mikheil Kavelashvili dopo le elezioni del 26 ottobre scorso – unico candidato di un’elezione boicottata dalle opposizioni – è il segnale che i falchi russi ambiscono a nuove prede in Europa orientale. Si pensi a cosa sta avvenendo in Romania o Moldavia.
Gli oligarchi georgiani, come Bidzina Ivanishvili, sostengono il partito al governo. Ma le strade di Tbilisi, in particolare viale Rustaveli, sono teatro di proteste incessanti. La popolazione, sostenuta dai principali partiti di opposizione – Coalizione per il cambiamento, Unità – Movimento nazionale, Georgia forte e Per la Georgia – chiede all’Unione Europea misure drastiche. L’appello è chiaro: sanzioni mirate contro i responsabili di questa deriva autoritaria.
Le compromesse leadership georgiane cercano di rinviare il processo di adesione europeo al 2028, nel tentativo di guadagnare tempo, mentre accusano l’Occidente di ingerenza. La realtà delle piazze racconta tutt’altro: più di 450 manifestanti sono stati arrestati durante le ultime proteste, famigerate squadracce anonime come ventanni fa agiscono con la violenza e il consenso implicito delle istituzioni. I cittadini denunciano aggressioni a giornalisti e oppositori, le madri espongono foto dei loro figli pestati dalla polizia con lo slogan: “Giù le mani da mio figlio”.
Chi rema contro le sanzioni in Europa
In Europa però non c’è intesa sulle sanzioni alla dirigenza filorussa della Georgia e del partito “Sogno Georgiano”. L’Ue ha condannato lo stop ai negoziati di adesione alla Ue e la repressione delle manifestazioni pro-Europa. Il Parlamento Europeo ha chiesto misure restrittive. Ma le sanzioni richiedono l’unanimità. Ungheria e Slovacchia si oppongono.
“Abbiamo avuto discussioni – ha detto ieri l’Alto rappresentante europeo Kaja Kallas, a Bruxelles per la riunione dei capi delle diplomazie dei Ventisette nel quadro del Consiglio Esteri. “Siamo ventisette democrazie con le nostre idee. Ci vuole ancora tempo”.
L’Estonia ha risposto con fermezza, imponendo sanzioni a 14 esponenti della maggioranza georgiana. Una misura che va nella giusta direzione e che la Lituania seguirà con un divieto di viaggio contro 17 politici ritenuti responsabili della repressione. “Non possiamo tollerare la violenza e l’oppressione contro manifestanti pacifici, giornalisti ed esponenti dell’opposizione,” ha dichiarato il ministro lituano Budrys, invocando un’azione congiunta europea.
Difendere l’ordine democratico europeo
La repressione in Georgia è indegna di un Paese che ha chiesto di entrare nell’Unione Europea. Non si può accettare che la Georgia, avamposto strategico tra Oriente e Occidente, divenga una nuova “zona grigia” nell’orbita russa. La stragrande maggioranza dei georgiani – si stima l’80% – guarda all’Europa come orizzonte di libertà e sviluppo. Questo sogno non può essere tradito da un governo che agisce contro la volontà del suo stesso popolo.
L’Europa e la NATO devono parlare con una sola voce. Putin deve capire che stavolta non potrà replicare lo schema ucraino. La comunità internazionale non deve permettere a Mosca di destabilizzare ulteriormente la Georgia o, peggio, invaderla. Difendere Tbilisi oggi significa difendere l’intero ordine democratico europeo, un principio fondamentale che nessuno può permettersi di ignorare. Bisogna lanciare un avvertimento al Cremlino: dopo Kiev, l’Occidente non guarda più altrove.