
Cosa sta succedendo tra India e Pakistan

10 Maggio 2025
di Ilaria Rizzo
Nel Kashmir la tensione geopolitica torna a salire con un’intensità che non si vedeva dai tempi della guerra di Kargil del 1999. Gli sviluppi degli ultimi giorni fanno temere un’escalation tra India e Pakistan, due potenze nucleari da tempo protagoniste di una rivalità storica e irrisolta.
L’attuale crisi ha avuto inizio il 22 aprile scorso, quando secondo le autorità indiane un gruppo di terroristi addestrati in Pakistan ha attaccato un sito turistico nel Kashmir, uccidendo 26 civili, per lo più turisti indù. Secondo testimonianze citate dal Deccan Herald, gli aggressori avrebbero obbligato le vittime a recitare un versetto del Corano, giustiziandole in caso di errore davanti ai loro familiari.
L’attacco è avvenuto pochi giorni dopo un controverso discorso del capo di stato maggiore dell’esercito pakistano, Asim Munir, il quale aveva dichiarato che musulmani e indù non potranno mai convivere pacificamente – un’affermazione che, secondo alcuni, sarebbe stata interpretata in entrambi i Paesi come un’aperta incitazione alla violenza.
In risposta, il 6 maggio l’India ha lanciato l’”Operazione Sindoor”, un’azione militare che ha colpito simultaneamente diversi obiettivi nel Kashmir e nella provincia pakistana del Punjab. Secondo Delhi, gli attacchi avrebbero preso di mira i campi di addestramento dei miliziani, mentre fonti pakistane hanno dichiarato che 31 civili sarebbero rimasti uccisi. Il governo di Islamabad sostiene di aver abbattuto cinque jet indiani. Entrambe le nazioni hanno denunciato attacchi con droni nelle rispettive aree di confine, smentendosi reciprocamente.
Nella notte successiva, si è registrato uno scambio di fuoco tra eserciti indiano e pakistano lungo la Linea di Controllo (LoC), nel Kashmir. Secondo la polizia pakistana, almeno quattro civili sono morti e dodici sono rimasti feriti nella zona di Chakothi. Dall’altro lato del confine, fonti militari indiane riferiscono che le forze pakistane hanno utilizzato artiglieria pesante, mortai e armi leggere in numerose località. Anche in India si contano una vittima civile e due feriti.
“Siamo abituati agli scontri lungo la Linea di Controllo, ma la scorsa notte è stata diversa,” ha dichiarato Mohammad Shakil, residente del settore Chakothim – parole che riflettono il senso di crescente allarme condiviso dalla popolazione locale. Il social network X (ex Twitter) ha dichiarato giovedì di aver ricevuto un ordine dal governo indiano per bloccare oltre 8.000 account, compresi quelli di testate internazionali e figure di rilievo, una misura che si inserisce in un contesto di crescente instabilità interna ed esterna.
Anche eventi simbolici della vita nazionale, come la Indian Premier League di cricket, sono stati sospesi per una settimana. Il Pakistan, a sua volta, ha trasferito il proprio torneo nazionale negli Emirati Arabi Uniti per motivi di sicurezza, dopo che durante una partita serale a Dharamsala, oltre 10.000 spettatori sono stati evacuati dopo un allarme improvviso e la gara è stata annullata.
Le misure precauzionali si estendono anche al settore educativo: diversi stati indiani del nord e dell’ovest – tra cui Punjab, Rajasthan e il Kashmir amministrato dall’India – hanno ordinato la chiusura delle scuole e di altre istituzioni per almeno due giorni. Due dozzine di aeroporti hanno sospeso le operazioni per motivi di sicurezza.
Il rapporto tra India e Pakistan è da sempre caratterizzato da ostilità, fin dalla nascita del Pakistan nel 1947, avvenuta attraverso una partizione violenta che ha causato centinaia di migliaia di vittime. Il Kashmir, regione montuosa al confine tra i due Paesi, è da allora il centro nevralgico di una disputa territoriale mai risolta e costantemente infiammata da attentati, scontri armati e crisi diplomatiche.
L’India, oggi una delle più grandi democrazie del mondo e destinataria di una crescente delocalizzazione industriale in fuga dalla Cina, si contrappone a un Pakistan gravato da un pesante debito con Pechino e sempre più dipendente dal sostegno economico e strategico della Cina – e che secondo vari analisti sarebbe il primo a non potersi permettere una guerra, rischio collasso.
Sebbene una vera escalation nucleare al momento appaia improbabile, le preoccupazioni non sono del tutto infondate. E tra le dichiarazioni contrastanti di una Islamabad che sembra oscillare tra diplomazia e intransigenza e una Delhi che minaccia la possibilità di una “guerra dell’acqua”, chiudendo i canali di approvvigionamento che derivano dal Kashmir in caso di ulteriore degenerazione, certo è che per ora è il caos a dominare le informazioni e impedire la definizione di quadro generale che sia nitido.
Nelle ultime ore, inoltre, il primo ministro pakistano Shehbaz Sharif ha dichiarato che il Pakistan abbia deciso di “vendicare i morti innocenti” con una “risposta adeguata”: infatti il Paese rende noto l’avvio di contrattacco all’India che prende il nome di “Operazione Bunyan Ul Marsoos“ (dall’arabo “Muro di piombo”).
Insomma, in un mondo segnato da conflitti frammentati, il fronte indo-pakistano sembra candidarsi come nuovo epicentro di instabilità. Come affermava Papa Francesco nel 2023, la “terza guerra mondiale a pezzi” sembra ormai una realtà sempre più tangibile.