Galasso: “Al Sud non servono né Casse né agenzie”
06 Agosto 2009
Dopo tanti dinieghi, misconoscimenti e mistificazioni, si riparla di questione meridionale. Se, però, si precisa qualche punto, è assai meglio.
Vogliamo dire, intanto, che questo riparlare sancisce nel modo più chiaro il fallimento dei "meridionalisti del principe", ossia di coloro che in materia hanno consigliato o sostenuto i governi degli ultimi quindici anni? Di tutti costoro, solo, ci pare, qualcuno ha fatto un’almeno parziale e tempestiva autocritica.
Vogliamo dire, in secondo luogo, che tutti i discorsi sul Mezzogiorno si erano ormai ridotti a deprecare lo spreco meridionale, a colpevolizzare il "vecchio meridionalismo", a negare l’utilità anche del parlare di problemi del Mezzogiorno, anzi del Mezzogiorno stesso come "categoria" storica o politica o economico- sociale?
Inutile è, però, piangere su tutto ciò. Conta, invece, parlare dell’oggi. Spuntano, si dice, un ministero per il Sud e un’agenzia o cabina di regia per quel che vi si dovrà fare, si recuperano fondi già del Sud (altri lo negano) e se ne promettono altri, si riciclano, come nuove, opere già decise (ponte sullo Stretto) o già in corso (lavori per la Salerno- Reggio).
Bene? Certo, è qualcosa, e meglio è soprattutto che il Sud torni come un tema non marginale nell’agenda politica. Noi diciamo, però, subito di diffidare di leggi speciali, politiche speciali, agenzie o cabine speciali, finanziamenti speciali. La politica per il Sud e l’azione della Cassa per il Mezzogiorno fra il 1945 e il 1965 appartengono, certo, alla migliore storia politica italiana. Ma già intorno al 1970 emerse che la specialità non giovava né alla politica italiana, né al Sud. La Cassa dovette essere liquidata in fretta (e male, perché tardi).
Poi si perse la bussola, e oggi si cerca di ricostituire una Banca per il Sud, come banca del territorio, dopo aver lasciato dissolversi senza batter ciglio l’intero sistema creditizio del Sud. Per favore, poco o nulla "specialità" di leggi, enti e risorse. E, invece, molto Mezzogiorno (il massimo possibile) nella politica generale di cui l’Italia ha sempre più urgente e ingente bisogno, se non vuole arretrare in Europa e nel mondo, per una nuova fase di grande riavvio e di ulteriore sviluppo della sua economia, con un suo risolutivo recupero infrastrutturale e tecnico- produttivo, con un decisivo potenziamento dei suoi servizi di ogni tipo, con un’accorta gestione dei suoi affari economici a livello europeo e internazionale.
Più la politica per il Sud sarà una politica italiana, meglio sarà per l’Italia e per il suo Sud. E questo vuol dire che quello del Sud diventi e sia affrontato e vissuto come un problema nazionale, proprio come voleva il famigerato "vecchio meridionalismo", senza che i governi siano tirati un po’ a destra dal Nord e un po’ a sinistra dal Sud, o viceversa, come ora pare accadere (e rattrista e disgusta che si sia cominciato sganciando un bel po’ di soldi a chi faceva più chiasso, ossia ai Lombardo e compagni). E se intanto si fa qualcosa, lo si faccia nella prospettiva del 2013, quando non vi saranno più fondi europei, riflettendo sul ruolo delle Regioni (eccessivo, si dice oggi), semplificando al massimo competenze e procedure, pensando al Sud, nel più pieno senso del termine, unicamente come Italia del Sud.
Dal Corriere del Mezzogiorno ©