Operazione termostato al via, ma serve una politica energetica europea

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Operazione termostato al via, ma serve una politica energetica europea

Operazione termostato al via, ma serve una politica energetica europea

30 Aprile 2022

La discussione intorno alle modifiche della politica energetica erano iniziate con una frase ad effetto di Draghi in conferenza stampa: “vogliamo avere la pace o vogliamo avere l’aria condizionata accesa?”. La semplificazione, evidentemente voluta, aveva fatto saltare sulla sedia tutti quelli che vedono la guerra come un puro fastidio, ma ha determinato un cambio di passo nell’atteggiamento del governo. In questi giorni, infatti, è partita l’Operazione termostato, che ha attirato l’attenzione anche della stampa internazionale.

Operazione termostato

In seguito al nuovo aumento dei prezzi dell’energia e del tentativo del governo di diversificare le importazioni di gas dall’Italia, è stato approvato un emendamento che mira ha ridurre il consumo di gas. Le misure entreranno in vigore il 1 maggio, dureranno fino ad aprile 2023 e, nelle previsioni del governo, serviranno a risparmiare 4 miliardi di metri cubi di gas.

Cosa cambia

In estate, l’aria condizionata non potrà essere impostata a una temperatura inferiore a 27 gradi negli edifici pubblici, inclusi ministeri e scuole. In inverno, invece, i sistemi di riscaldamento non devono riscaldare gli edifici oltre i 19 gradi. Tuttavia, saranno consentiti 2 gradi di margine di manovra. Prima dell’approvazione dell’emendamento in questione, gli edifici pubblici potevano essere raffreddati a 26 gradi. Chi non rispetterà queste regole, potrà ricevere una sanzione tra i 500€ e i 3000€.

Serve una politica energetica europea

Le iniziative dei singoli governi, per quanto utili, non possono essere soluzioni strutturali. L’approvvigionamento energetico di alcuni paesi è toppo vincolato al gas russo. Nessuno vuole esentare i governi, attuali e antecedenti, di questi Paesi dalle proprie responsabilità, ma serve creare un sistema che consenta loro di emanciparsi dal gas sporco di sangue.

Prima dell’invasione russa, le discussioni intorno alla tassonomia comunitaria sono state durissime. La sinistra e i verdi si sono opposti al nucleare nonostante le evidenze scientifiche. Macron, appena rieletto, ha in programma invece di costruire 5 nuovi reattori nucleari. Almeno contemplare che gli altri paesi europei possano usufruire di questo genere energia è il minimo indispensabile. Non è il momento dei veti ideologici. Tantomeno della politica dei no-tutto che continua a ostacolare la messa a terra degli impianti delle rinnovabili.

Contrattare con chi fuori dall’Unione Europea dispone di fonti energetiche sarebbe più facile se contrattasse un unico portavoce, anziché i singoli paesi. Il medesimo discorso vale per il tema dell’efficienza energetica: una strategia comune potrebbe portare a un risparmio per i cittadini, migliorare l’impatto ambientale e aumentare l’autosufficienza continentale.

Ma dobbiamo stare attenti a non far diventare la politica energetica un argomento da pranzo pasquale o natalizio, come l’esercito europeo. Qualcosa che tutti auspicano per farsi belli, ma che nessuno si impegna a realizzare. È imperativo cambiare paradigma, altrimenti l’UE rimarrà un vaso di coccio tra i vasi di ferro.