Tu chiamale, se vuoi, implosioni

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Tu chiamale, se vuoi, implosioni

Tu chiamale, se vuoi, implosioni

25 Gennaio 2008

Scusate
il ritardo. Sembra passato un secolo e invece è accaduto poco più di due mesi
fa. Era il 15 novembre 2007: la Finanziaria passava al Senato, pur tra mille
distinguo-sofismi-prese di distanza all’interno di quel ginepraio in cui Romano
Prodi ha cercato di districarsi fino all’ultimo.

E la stragrande maggioranza
degli addetti ai lavori si affrettava a dipingere Silvio Berlusconi come
il Grande Sconfitto: niente spallata, così non si fa altro che consolidare la
posizione degli avversari, occorre una nuova strategia eccetera eccetera.

Solo lui, il Cavaliere, non ci stava e ammoniva a guardare più in
profondità: “L‘implosione del centrosinistra si è verificata. Le
dichiarazioni di Dini e Bordon hanno sancito la fine di questa maggioranza e di
questo governo’’. Parole che, rilette oggi, sembrano profetiche, un’elementare
e perfino facile diagnosi. Il tempo è galantuomo e si è incaricato di dare
ragione al leader di Arcore forse perfino più rapidamente e clamorosamente di
quanto fosse lecito sperare.

Il
malessere che covava da sempre nella pletorica e traballante coalizione
schierata a sostegno di Prodi è emerso per intero, forte e chiaro anche se non
certo improvviso, determinando la caduta del governo.

Implosioni. Tu chiamale,
se vuoi, implosioni.

Così evitiamo il termine “spallata” e non
riapriamo vecchie quanto ormai inutili polemiche con gli avversari, che ad ogni
sofferto traguardo raggiunto per un soffio sfoderavano un’ironica baldanza, e
con i più scettici e pessimisti tra gli esponenti del centrodestra. Certo è che
ora, nel momento dei bilanci, è lecito (o addirittura doveroso) indicare chi ha
saputo guardare meglio e più lontano. Ad esempio chi, all’indomani
del risultato elettorale, scrisse “Vittoria! Abbiamo perso”, con un
brillante quanto acuto paradosso che anticipava fin da allora come sarebbe
andata a finire. E chi, ovviamente, ha mostrato di intendere e svolgere il
ruolo di opposizione come una paziente ma tenace (e senza sconti) sfida
all’altra coalizione.

I fatti hanno la testa dura e si incaricano di fare giustizia di analisi
frettolose, valutazioni sprezzanti, giudizi sballati. Emblematico l’intervento
della capogruppo del Pd, Anna Finocchiaro, in sede di dichiarazioni di voto
sulla Finanziaria. Eccone uno stralcio, testuale: “Mi rivolgo ai colleghi
dell’opposizione. Mi rivolgo, in particolare, ai colleghi dell’Udc, di An,
della Lega e ai tanti colleghi di Forza Italia trascinati nell’insensatezza di
una strategia politica decisa e imposta dal presidente Berlusconi. Una
strategia politica decisa, imposta e sbagliata, innanzitutto per l’Italia,
disastrosa per il centrodestra, che è rimasto schiacciato nella morsa di
un’attesa che si è snocciolata, sin dai primissimi giorni della legislatura,
giorno dopo giorno, voto dopo voto, provvedimento dopo provvedimento, in attesa
della cosiddetta spallata”.

Oggi,
poco più di due mesi dopo, possiamo verificare l’assoluta infondatezza di
quella disamina, a cui si può tutt’al più concedere l’attenuante di essere
stata formulata in uno stato di euforia. Oggi è il centrosinistra a ritrovarsi
“schiacciato nella morsa”: un Pd spaccato in tre, aspramente
risentito con Prodi per la sua cieca audacia da kamikaze e processato dalla
sinistra radicale che lo accusa di aver contribuito in misura determinante al
crollo finale. Un centrosinistra che, in tema di legge elettorale, si disperde
nei rivoli di troppe proposte contraddittorie e contrastanti tra loro.

Sul
versante opposto, invece, si è tornati ad una sana e confortante
“normalità” (anche se, obiettivamente, nessuno può dire che siano
tutte rose e fiori). Berlusconi resta in sella come leader rafforzato non solo
dalla prospettiva di elezioni vicine, ma anche dai frutti raccolti con il suo
operato nella veste di capo dell’opposizione: sia per la capacità di lottare
fino ad affondare Prodi, sia per la disponibilità e la lungimiranza dimostrate
portando avanti – finché è stato possibile – la trattativa per cambiare il
sistema di voto riducendo la frammentazione e assicurando più governabilità.

E
la coalizione, per almeno tre quarti, è già d’accordo sull’esigenza di andare
presto alle urne, anche con la legge attuale. Chi in passato lo aveva
criticato su questo punto sembra essersi ricreduto ed è pronto ad
affiancarlo. Via, dunque. Ora comincia la nuova “battaglia”.