A tutto siamo di fronte tranne che all’ultimo atto del berlusconismo

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A tutto siamo di fronte tranne che all’ultimo atto del berlusconismo

25 Novembre 2009

Silvio Berlusconi non può essere sostituito alla Presidenza del Consiglio da nessuno, a meno che non sia lui stesso a volerlo. Ed anche in tale caso, è opinabile.

Ormai la nostra è solo formalmente una Repubblica Parlamentare. E le parole del Capo dello Stato che rivendicano con decisione questa sua qualità non fanno che alimentare il dubbio di semiparlamentarismo.

La nostra Costituzione data 60 e passa anni, ha subito diversi lifting e qualche intervento addittivo che ne hanno alterato la fisionomia al punto che la fisiognomica consente di intravedere uno Stato diverso da quello che i nostri Costituenti disegnarono. Gli interventi della Corte Costituzionale hanno inoltre aperto la via all’interpretazione progrediente del suo dettato.

I principi di costituzione materiale all’ombra dei quali si sono svolte le ultime elezioni e la cornice normativa entro il quale si sono svolte, gli obbiettivi e le alleanze declinati da tutte le formazioni politiche nel corso della campagna elettorale, la presidenzializzazione delle loro liste con la designazione del candidato premier e la esposizione del suo nome sui simboli elettorali, non lasciano spazio ad equivoci: non abbiamo eletto alcun parlamentare bensì votato formazioni politiche in funzione del suo leader o del candidato alla Presidenza del Consiglio che appoggiavano. E conoscendo i candidati in lista di riflesso.

Eppure oggi ci si scandalizza per la dipendenza del Parlamento dal Governo e dai vertici delle singole opposizioni. E si minaccia di stracciarsi le vesti se l’alternativa al Governo Berlusconi sono le elezioni. Invece la domanda dovrebbe essere: quale maggioranza legittima si può trovare al di fuori dell’alleanza PDL/Lega con Silvio Berlusconi Presidente del Consiglio senza violare il mandato elettorale ?

La disciplina sostanziale dei Decreti Legge, che ha agitato il primo semestre di questo anno a proposito dei rapporti tra Capo dello Stato e Capo del Governo, è ormai risolto con un passo indietro del primo, il quale al tempo stesso ha visto rafforzato il suo ruolo di garante super partes del dettato costituzionale. La trasformazione del Parlamento in camere legiferative dei provvedimenti del Governo non fa più notizia neppure nel Palazzo, tra i cittadini c’è dubbio ne abbia mai fatta. L’adozione del Federalismo è prossima ma nessuna formazione politica alza barricate contro l’unico stravolgimento del tipo di Stato scelto dai padri fondatori.

Eppure tutte queste vicende sono state affrontate come altrettante battaglie per la Democrazia.

Gli esiti erano scontati ma le si sono volute combattere in omaggio all’unico tema politico di cui in questa Legislatura le formazioni politiche dell’opposizione si contendono il primato: l’Antiberlusconismo.

A quanto pare però l’Antiberlusconismo, presentato come il verso piatto della democrazia moderna, è sterile perché produce esclusivamente asprezza nei rapporti politici e costringe a covare risentimenti che si fatica a contenere. Tanto quanto il buonismo ha prodotto disprezzo per il diverso e costretto a coltivare arroganza intellettuale verso il "popolo bue". E poiché, a quanto si vocifera, Silvio Berlusconi godrebbe ancora di appeal ampio presso gli elettori, a molti il ricorso alle urne non appare come la possibilità di una rivincita politica rigeneratrice ma il rischio di una seconda Waterloo. Senza neppure il ricordo di una Trafalgar. Ma dire questo è uncorrect.

Si può invece sostenere che ricorrere alle elezioni è un’abdicazione della politica per manifesta incapacità e che non è giustificato neppure se prelude ad indicazioni chiare su temi istituzionali che riguardano le regole per fare le regole. Questa è l’ultima politica dell’intellighentia di sinistra che oggi gli "uomini Erasmo", politici, giornalisti o uomini di cultura, fanno propria.